A vent'anni dalla sua scomparsa penso che ormai si possa tranquillamente affermare che la seconda stagione di Miles, quella che va dal 1981 alla morte, sia stata decisamente inferiore alla prima e che, soprattutto, non abbia lasciato tracce indelebili paragonabili a quelle, numerose, della stagione anteriore alla malattia, che lo tenne lontano dalle scene dal 1975 al 1981.
Penso a Birth of the Cool, ai quintetti con John Coltrane prima e con Wayne Shorter poi, a Kind of Blue, alle incisioni con l'orchestra di Gil Evans, a Nefertiti e a Bitches Brew, anche se appartenenti già alla svolta più "rockettara". Decine di capolavori assoluti che non possono mancare in una qualsiasi storia del jazz.Dell'immensa quantità di materiale pubblicato in quegli ultimi anni, invece, ben poco resterà nella storia del jazz, anche perché ormai Miles aveva rinnegato il termine "jazz" per la sua musica....
Miles Davis nel 1991Album di sucesso come You're Under Arrest, Decoy, Tutù, pur essendo di elevato livello, non meritano certo un posto nel Pantheon del jazz, e difficilmente saranno oggetto di culto come alcuni di quelli sopra citati.
Kind of Blue del 1959, l'album di jazz più venduto in assoluto, per esempio, ha a tutt'oggi abbondantemente superato i 3 milioni di copie vendute e continua ad essere richiesto non solo dagli addetti ai lavori.
Ciò detto l'assoluta grandezza del personaggio e la straordinaria eterogeneità della sua musica non possono essere compresi se non con una visone "panorimica", magari aiutandosi con un testo fondamentale come quello di Richard Cook
pubblicato nel 2005 e disponibile anche in italiano con il titolo "Miles Live e in Studio - Quattordici album fondamentali." (Il Saggiatore 2008)