miseria e olio rancido

Creato il 06 giugno 2013 da Francosenia

Evidentemente, qualche copia si era salvata! Sì, perché il libro di Henry Buckley, "Life and Death of the Spanish Republic", che tracciava l'intera vita della seconda repubblica spagnola, dalla sua fondazione, il 14 aprile 1931, fino alla sconfitta del marzo del 1939, dopo essere stato pubblicato, in Inghilterra, nel 1940, sembrava fosse andato completamente distrutto, quando l'aviazione tedesca aveva bombardato il magazzino dove si trovavano i pacchi di copie, pronti ad essere distribuiti. Ed invece il libro, prezioso per la sua capacità di coniugare umorismo compassione e sdegno, viene ristampato dopo più di 60 anni dalla sua presunta distruzione.
La conosceva bene la Spagna, Henry Buckley, aveva cominciato a conoscerla da subito, da quando c'era arrivato per la prima volta, nel 1929; un cattolico con un forte istinto sociale radicale, e sarebbe stata la sua empatia, non certo l'ideologia, a fare da sostrato al suo supporto alle lotte degli operai e dei contadini senza terra. Successivamente, durante il conflitto, avrebbe stabilito profondi legami di amicizia con gli altri corrispondenti di guerra che lavoravano in Spagna. Jay Allen, Vincent Sheehan, Lawrence Fernsworth, Herbert Matthews, Robert Capa ed Ernest Hemingway. Si dice che Hemingway, dopo la fine della guerra civile, avesse continuato a rivolgersi a Buckley per sapere cosa accadesse realmente in Spagna.
Nel libro, i ritratti delle principali figure politiche e militari si alternano alle testimonianze in prima persona dei più drammatici eventi. I suoi modi tranquilli sembrano quasi contraddire il coraggio che lo portava a visitare tutti i fronti di combattimento, come quando, nelle ultime fasi della battaglia dell'Ebro, attraversò il fiume, su una barca insieme ad Hemingway, Sheean, Capa e Matthews. Più tardi avrebbe commentato:
"Eravamo stati inviati sul fronte di Lister, per coprire le notizie - Hemingway allora scriveva per la North American Newspaper Alliance. A quel tempo, quasi tutti i ponti sull'Ebro erano distrutti nel corso dei combattimenti, ed una serie di massi erano stati sommersi dentro il fiume, per scoraggiare qualsivoglia navigazione su di esso. Comunque, visto che non c'era altro modo per arrivare al fronte, cinque di noi presero una barca con l'idea di discendere il fiume lungo la riva, per poi attraversarlo e risalire la riva opposta. Il guaio fu che venimmo presi dalla corrente e cominciammo ad andare alla deriva verso il centro del fiume. Ad ogni momento che passava, la situazione diventava sempre più minacciosa perché, una volta sui massi, questi avrebbero certamente sfondato la chiglia della barca; e noi saremmo certamente annegati, una volta che la barca si fosse capovolta. Fu Hemingway a salvare la situazione, cominciando a remare come un vero e proprio eroe, con una furia tale che riuscì a portarci in salvo sull'altra riva."

Buckley, naturalmente, stava sminuendo il proprio coraggio: lo stesso Hemingway, lo descriverà come "un leone di coraggio, sebbene molto magro, una creatura fragile con nervi di acciaio".
Dopo la caduta della Catalogna in mano alle forze ribelli, nel gennaio del 1939, Buckley, insieme a Matthews, Sheean ed altri corrispondenti, si unisce all'esodo dei profughi verso la Francia. Si piazza in un albergo a Perpignan, e dedica tutto se stesso a denunciare le terribili condizioni esistenti nei campi di concentramento improvvisati dalle autorità francesi, dove venivano ammassati i rifugiati; riuscirà ad evitare a molte persone di essere internate in quei campi. Sebbene, nel proprio libro, racconti ben poco del suo ruolo, si può leggere tutta la rabbia per le orrende condizioni dei rifugiati.
"Tutto il mondo era entusiasta per il salvataggio di 600 opere d'arte spagnole e italiane che, dopo una lunga odissea, si trovavano adesso custodite a Figueras. Ma a nessuno importava dell'anima di un popolo che era stato calpestato. Non siamo qui per tifare per loro, per incoraggiarli. Prendere questo mezzo milione di persone ed accoglierle, e dare loro lavoro e assistenza in Gran Bretagna ed in Francia e nelle loro colonie, questo sì che sarebbe stata cultura nel vero senso del termine. Io amo El Greco, ho passato ore ed ore seduto a guardare il Tiziano del Prado e alcune opere di Velàzquez mi affascinano, ma penso francamente che sarebbe stato meglio per l'umanità se fossero state bruciate in una pira, se l'amorevole e affettuosa attenzione profusa su di esse fosse stata riservata a questo mezzo milione che soffre."
E pensare, che quando c'era arrivato, in Spagna, non gli era piaciuta! Non voleva andarci, sosteneva che non poteva scrivere su un paese di cui non sapeva nulla. Lasciava Parigi per Madrid, e non era punto contento. Dopo, con ironia, si auto-descriverà come "una vergine piuttosto irascibile che lasciava dietro di sé una sottile striscia di sangue". Al primo sguardo, la Spagna gli apparirà povera e meschina, come i suoi contadini - scriverà. "Nulla mi aveva preparato all'aspetto truce degli altopiani castigliani, nel mese di novembre, né alla meschinità e alla povertà dei contadini, o all'odore di olio rancido delle sue stazioni."
Avrebbe imparato!


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