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E lo fa quasi con un sorriso appena accennato a increspare le labbra.
La polizia e gli assistenti sociali indagano o almeno cercano di farlo nella famiglia della bambina mentre la madre single di Angeliki e i nonni si sforzano ottusamente di parlare di incidente e cercano di andare avanti quasi con l'intenzione di dimenticarsi di lei.
Mano a mano la verità verrà fuori....
Che ci sia del marcio in Grecia , credo che sia ormai cosa appurata anche solo vedendo la cinematografia di Lanthimos ( Kinetta, Kynodontas e Alps che trovate recensiti qui, quo e qua ) e anche quello che io ho trovato un patetico scimmiottamento e che invece pare sia molto stimato a livello critico ( Attenberg, che ho stroncato senza appello qui).
Cinema della crisi economica? Può essere una lettura anche se non l'unica.
Il protagonista qui è un ultracinquantenne alla ricerca di un lavoro per sostentare la sua famiglia allargata e si scontra con la burocrazia e con "padroni" giovani e irrispettosi.
Eppure non riesce a rinunciare a tutta una serie di rituali medio borghesi, come quello della colazione,della gita al mare che viene programmata più volte, oppure i pasti da cosumare tutti in famiglia.
Nel film di Avranas , come negli altri film succitati è proprio il concetto di famiglia a essere sovvertito alla base: più che un rifugio in cui essere immuni a qualsiasi danno che arrivi dall'esterno è proprio nella famiglia che si nascondono le insidie maggiori, i pericoli, la mostruosità.
A livello concettuale Miss Violence è meno sofisticato di un Kynodontas che utilizzava la traslazione del linguaggio per spiegare la stortura che condizionava la vita della famiglia protagonista.
Qui siamo a una di quelle storiacce infime che si sentono nella cronaca dei telegiornali tutti i giorni e ti viene sbattuto tutto in faccia nell'ultima parte del film.
Ma non per questo sconvolge di meno perchè i bambini non dovrebbero mai essere toccati, in nessun modo.
Miss Violence odora di Haneke e della sua concezione geometrica di cinema fin dalla prima sequenza e non di un Haneke qualsiasi ma quello della trilogia della glaciazione.
I rituali medioborghesi indagati da una macchina da presa ferma, immobile nonostante quello che accade, quello sminuzzare finemente la routine quotidiana, quel levare la maschera rassicurante a un mondo putrido e fatiscente è qualcosa che è stato raccontato dal regista austriaco in Der Siebente Kontinent ( e , visto che in questo post siamo in vena di pubblicità, ne abbiamo parlato qui).
Avranas non crea nulla di nuovo ma rielabora e adatta la lezione del maestro descrivendo chirurgicamente un mondo plumbeo e disperato da cui si fugge in una sola maniera.
Quella utilizzata da Angeliki.
La normalità di facciata che caratterizza la vita di quell'appartamento un po' grigio è scompaginata e demolita pezzo dopo pezzo fino a far comparire la verità, senza alcuna metafora.
Un qualcosa che mina alla base qualsiasi certezza etica.
Si sorride nelle foto di famiglia ma sorride solo chi non sa: e a undici anni si smetterà di sorridere.
Possono esistere mostri così?
Le cronache dicono di si.
E possono nascondersi nella famiglia?
Oltre alle cronache anche le statistiche dicono di si.
Questo tipo di violenze nasce all'interno della famiglia, in oltre la metà dei casi.
Meditate gente, meditate.
( VOTO : 8 / 10 )
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