(by Bruce Wayne)
Eppure al Watford non era andato così male. In fondo, tra il 1975 ed il 1983, aveva segnato novantacinque gol, dimostrandosi un attaccante forse non eccellente, ma tutto sommato rispettabile. Ma in Italia, ancora oggi, il suo nome è legato ad una delle disavventure più epiche del calciomercato del Milan.
Perché Luther Blisset, da noi, è in qualche modo sinonimo di “bidone”, “pessima scelta”, “acquisto decisamente sbagliato”. A Milano, infatti, questo calciatore inglese di origini giamaicane rimase solo per una stagione (l’83-84), e ben presto fu rispedito al Watford. La ragione: non sembrava nemmeno essere presente in campo.
In trenta partite segnò cinque gol, e per quella ragione i tifosi milanisti si ricordarono del fatto che da qualche parte, sui giornali, avevano letto che in Inghilterra il caro Luther era stato soprannominato “Missit”. E, tragicamente, capirono che quell’espressione non derivava semplicemente dall’assonanza che creava col suo cognome.
Perché anche al Watford, in effetti, ad ogni gol segnato corrispondeva, con precisione pressoché aritmetica, un altro buttato fuori quando anche un bambino avrebbe gonfiato la rete. Così, a quel punto, furono spiegati i fantozziani stop di stinco e i palloni spediti in tribuna – qualcuno, ironicamente, immaginava che Blisset andasse sempre in giro con la penna al seguito e che durante ogni partita firmasse di nascosto la sfera, prevedendo di scagliarla sugli spalti.
L’allora presidente del Milan, Giuseppe Farina, disse che quell’acquisto gli era stato consigliato da un giardiniere di Londra. Ma, anni dopo, un gruppo letterario decise di firmare i suoi scritti rifacendosi al suo nome. Era un modo per definirsi estranei al sistema capitalistico, che dà valore sacro solo alla mentalità imprenditoriale, al profitto ed alla buona riuscita delle iniziative. Tutte cose decisamente estranee alla figura di un calciatore come Luther Blisset.