La collezione di Cristina Miraldi presentata durante la Milano Fashion Week mi ha totalmente conquistata.
I confini di ispirazione della collezione nascono dal realtà, a volte dura, di quella che il destino non ti sconta. E’ una collezione di reazione ad una nuova realtà, con nuova energia e la sua realissima crudezza. Di una bellezza selvatica ma chic, sospesa tra il tribalismo sciamanico e il fermento metropolitano. La percezione di “sospensione” di Christian Andersen e il percorso mistico di apertura e accettazione del mistero che è in noi, nella natura del mondo sono i principi entro cui la collezione si muove.
Di questa dimensione immaginifica Cristina riprende tagli e volumi crudi – per un tratto – come un lungo respiro, seguito da apnea, che in seguito si sgonfia su volumi e tagli costruiti più morbidi, che si distaccano e scendono accarezzando il corpo, sopra incrostazioni gioiello e stratificazioni. Aspetti lucidi e scivolosi convivono con mohair, maglia hand-made, pelli, lane e piume, in una continua vertigine di discordanze: destra e sinistra, davanti e dietro.
Un percorso mistico con riti esoterici raffinatissimi, un percorso di riconnessione con la madre terra, con le profonde radici filamentose e ruvide saldamente innestate al terreno, con la propria essenza animale, col proprio io profondo.
Accessori come simboli arcaici: Fossili, corno, zampe di gallina, legno, osso ispirati agli strumenti preistorici, tutti nuovi elementi di un vocabolario intimo che punta i riflettori sulla parte di noi meno civilizzata e più autentica. Colori inquietanti e alchemici: Nero, bianco luce, tonalità della terra.
Il macabro e l’idilliaco, i disegni Arcani, i tamburi rimbombano, i fari accecano, vita, morte, di nuovo vita.
RT