Federica Mogherini, la stessa che voleva un dicastero “meno tecnico e più politico” e che intende scongiurare il rischio di una grossa coalizione europea, ha spiegato che il compito della Farnesina è evitare una possibile spirale di violenza. Forse l’esponente del Pd intendeva dire che quello è il fine della diplomazia tout court, poiché da un governo forte e serio, da un gabinetto in salute, ci aspettiamo qualche dichiarazione di principio e la definizione di un approccio strategico su una questione di così centrale rilevanza. Vorremmo cioè capire se l’Italia sta dalla parte di Kiev o dalla parte del Cremlino, vorremmo comprendere cosa intende fare Palazzo Chigi per la difesa dei confini ucraini e per la sicurezza europea, vorremmo sapere se Roma riconosce o meno la legittimità del referendum in Crimea e se il futuro presidente di turno dell’Unione intende perorare la causa di una popolazione minacciata nella propria integrità territoriale. Ci serve una cartina di tornasole.Non è la prima volta che Putin alza il tasso di conflittualità nella regione. L’ Abkhazia e l’Ossezia dovevano fungere da monito. Kissinger amava dire:
“Una strategia politica deve basarsi come minimo su questi tre elementi: un’analisi rigorosa, che stabilisca l’ambito delle scelte possibili; una preparazione meticolosa; e infine la capacità di prendere subito l’iniziativa. Quando è in atto una crisi, la passività non fa che accrescere l’impotenza: alla fine ci si trova costretti ad agire proprio sui problemi e nelle condizioni di gran lunga meno favorevoli”.
Ripartiamo da qui, ponendo innanzi alle potenze alleate le questioni concernenti il dossier Eurasia. La Nato serve a questo. Per un paese-cerniera qual è l’Italia, terra di confine fra Est ed Ovest come fra Nord e Sud del mondo, è una tematica prioritaria, nonché un buon terreno su cui misurare il tasso di affidabilità internazionale del nostro esecutivo.
MONDOPERAIO, 26/04/14