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Monaco: la festa d' ottobre e il resto

Creato il 12 ottobre 2012 da Bagaidecomm @BagaideComm
MONACO: LA FESTA D' OTTOBRE E IL RESTOTornato da poco dalla mia seconda esperienza bavara, la prima in quel tempio dell’arte brassicola che è l’Oktoberfest, non potevo non scrivere di una festa che racchiude tutto quello che i bavaresi sono. Faccio un esempio per chiarire: ogni anno l’Oktoberfest crea un giro di affari di circa un miliardo di euro. E' facile capire che non si può fare un miliardo solamente vendendo birra e würstel: quello che i bavaresi vendono è la loro cultura gastronomica, la loro storia, il loro folklore, in pratica il loro modo di essere. Il bene, il servizio scambiato, è al contempo strumento di marketing. Quello che mi chiedo è: sarebbe possibile farlo anche da noi, che a livello di patrimonio culturale non siamo messi troppo male?Sono partito in quello che i bavaresi definiscono il “weekend degli italiani”, ovvero il secondo fine settimana della festa, quando arriva il grosso degli stranieri, tra cui gli italiani sono appunto la maggioranza. Sorprendentemente, nonostante il gran numero di compatrioti e l’elevato tasso alcolemico degli avventori, tutto era ordinato e sotto controllo. Ma che stregoneria è mai questa? Cos’hanno i bavaresi che a noi manca? Non oso nemmeno immaginare cosa potrebbe succedere ad una città come Milano (che oltretutto ha più o meno lo stesso numero di abitanti di Monaco) se per tre settimane all’ anno fosse visitata da sei milioni di sbronzi, di cui 500.000 italiani. Magari non sono loro ad essere bravi a tenerci a bada, magari siamo noi che in casa d’altri ci comportiamo bene (proporrei degli studi al riguardo). Ma dopo la birra, lo stinco di maiale, i bretzel, i barellieri con le sirene che portano via i beoni , le cameriere che portano 10 Maß (boccali) per volta (mai fare a braccio di ferro con una kellnerin) e la statua della Bavaria, teutonica versione della Liberty Enlightening the World, rimane München. Ma Monaco non è solo l’Oktoberfest. Quello che resta nel cuore una volta a casa è fuori dal Theresienwiese (c’è una storia stupenda ma lunghetta sul Wiese e sulla Teresa ma non voglio annoiarvi e comunque Wikipedia è fortunatamente open source). A 20 minuti da Marienplatz c’è lo Schloss Nymphenburg, uno dei tanti motivi per cui quando uno ritorna da Monaco rimpiange di non aver preso un "sola andata". Fulgido esempio dello stile barocco, il “Castello della Ninfa” è costituito da un edificio principale a cui si sono aggiunte nel tempo altre due strutture: un’ala nord ed una sud sopra cui oggi sventolano le bandiere del Freistaat Bayern e della Bundesrepublik Deutschland (che bravi i tedeschi che con due parole dicono tutto). Ma chi avrà mai costruito questo palazzo ai Principi elettori del Sacro Romano Impero, nello stile scelto dalla Chiesa come propaganda controriformista? Ovviamente tre architetti italiani. A completare il tutto c’è il parco di 200 ettari (che richiede e merita almeno una giornata per essere esplorato), posto oltre il palazzo e attraversato da un canale che si conclude con una gloriosa fontana decorata con statue neoclassiche degli dei dell’Olimpo, così come neoclassici sono i tempietti e gli altri edifici sparsi tra i boschi e i laghetti artificiali. Ai lati del canale ci sono due viali alberati che sembrano usciti dalla Contea del professor Tolkien (vedi foto da me medesimo scattata): infatti avevo paura arrivassero i Nazgûl da un momento all’altro. Adesso andrei volentieri a gustare uno dei souvenir del viaggio, un’ Augustiner Hell, esempio perfetto del sincretismo gastronomico: la birra migliore da bersi insieme ad una pizza, meglio se margherita. E anche se il binomio tra il “liquid bread” e il prodotto più conosciuto della cucina partenopea viene condannato dai più come banale, con dei prodotti di ottima qualità raggiunge dei risultati eccelsi.Magari fosse sempre così semplice far incontrare italiani e tedeschi tirando fuori il meglio da entrambi.
Jacopo Borghi

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