Per un tempo, anzi, per quasi 50 minuti l’Italia è stata pari all’Australia, la squadra più forte del momento, la sfidante ufficiale della Nuova Zelanda, poi ognuno è tornato nei ranghi. Così, dall’insperato 6-6 del primo tempo si è precipitati direttamente al 32-6 finale con 4 mete incassate in poco più di un quarto d’ora. A guardare insomma i numeri è andato come da copione il debutto degli azzurri in Coppa del Mondo, sotto la pioggia torrenziale che ha segnato la prima fase del match allo stadio North Harbour di Auckland con 25mila spettatori. Ma in realtà questo primo match incasella per gli azzurri molte più voci all’attivo che al passivo. Non è esagerato definire monumentale il primo tempo dell’Italia messa in campo mai con tanto rigore dal ct Nick Mallett: vedere i wallabies che si sbattevano il pallone in faccia per la pressione che gli italiani mettevano loro addosso procura ancora una certa soddisfazione. Touche - udite udite - impeccabile (le prime otto vinte di seguito), mischia granitica, difesa impenetrabile, il mediano di mischia Semenzato (prima stagione in azzurro) che teneva testa a quel genio di Genia soprattutto con un efficace gioco al piede. E l’altro mediano, la pulce Orquera, che placcava pachidermi mettendo in ombra il diretto rivale, l’asso planetario Cooper che ha persino causato comici scontri fra i suoi compagni che correvano in suo sostegno. Di più: Orquera ha commesso un vero solo peccato nel primo di tempo, ma di confidenza, sfidando i trequarti australiani con un troppo avventuroso traversone che sarebbe meglio lasciare nel repertorio degli All Blacks. E ancora di più: l’unica vera occasione da meta nel primo tempo è stata azzurra, con Masi che è stato preceduto di un capello da Cooper dopo essersi trasformato in un missile terra-terra per ”toccare” in area un calcetto di Orquera. Mirco Bergamasco ha poi infilato due penalty sbagliandone un altro, così come aveva fatto lo stesso Cooper, ringraziando anche Ghiraldini che gliene aveva gentilmente regalato uno placcandolo, senza alcuna ragione, dopo un rinvio dai 22. Pareggio, allora, all’intervallo, persino stretto per l’Italia, con migliaia di tifosi azzurri che devono essersi chiesti se stavano ancora sognando dopo aver puntato la sveglia alle 5.30 per seguire l’Italia che giocava agli antipodi. Difficile vedere un buon piano di gioco studiato a tavolino messo poi così bene in pratica sul campo, e quando di fronte hai fenomeni come Pocock e Beale. Beh, l’Italia ben timonata dal capitano Parisse ci è riuscita fin dall’inizio, continuando a reggere l’urto dei canguri anche in avvio di ripresa. A quel punto il ct australiano Deans (un neozelandese) è stato costretto a mettere in campo ”faccia d’angelo” O’Connor, stella dei trequarti ma anche un po’ troppo delle notti dopo-partita e per questo punito con la panchina. Il biondo ha subito alzato il ritmo e la partita, sin qui incatenata nelle strategie difensive azzurre, è decollata verso velocità oltre i nostri limiti: dal 49’ al 66’ i wallabies hanno segnato con l’avanti Alexander (pilone fino al quel momento annientato da Castrogiovanni) e con i trequarti Ashley-Cooper, O’Connor e Ioane. In questa finestra del match, in altre parole, da una parte c’era di nuovo la seconda squadra del ranking mondiale (quella che due settimane fa ha battuto anche la Nuova Zelanda), e dall’altra l’undicesima. Oltre a due touche sbagliate (ma il neoarrivato Van Zyl, equiparato sudafricano, è stato assai bravo), gli azzurri ormai in affanno più mentale che fisico non sono stati più in grado di difendere in avanzamento come avevano fatto nel primo tempo: e ai diavoli australiani non puoi lasciare nemmeno un centimetro di prato. Nel finale gli azzurri hanno pure mancato di un nulla la meta di consolazione per l’inesperienza del mediano di mischia Gori, entrato al posto di Semenzato (migliore degli azzurri): il toscano non ha seguito da vicino una sontuosa carica della mischia che aveva portato sulla linea bianca la palla controllata dai piedi del capitano Parisse. Con l’Australia, con questa Australia, poteva davvero andare molto peggio, e adesso, nella base di Nelson, a nord dell’isola del sud, l’Italia avrà buoni argomenti per preparare il primo dei due match abbordabili della poule, il 20 settembre (rassegnatevi, questo mondiali ha tempi dilatati) contro la Russia. Poi sarà la volta degli Stati Uniti, il 27, e infine il 2 ottobre lo scontro probabilmente decisivo contro l’Irlanda. «L’Irlanda? - ha detto ieri il ct Mallett - ma chi ci pensa? Adesso lavoriamo sulla Russia e poi sugli Usa. Una partita alla volta. E peccato che con l’Australia non abbiamo marcato tutti i punti possibili, almeno due mete ci potevano stare. Ogni errore in difesa, invece, ci è costato carissimo: si sapeva che era così e così è stato, ma lasciamo Auckland con buone sensazioni».
Marcatori. Italia: 2 c.p. 37’, 40’ Mirco Bergamasco. Australia: 4 m. 49’ Alexander, 54’ Ashley-Cooper, 57’ O’Connor, 64’ Ioane; 2 c.p. 18’, 30’ Cooper; 3 tr. O’Connor.
Australia: Beale; Ashley-Cooper, Fainga’a (47’ O’Connor), McCabe, Ioane; Cooper, Genia (61’ Burgess); Samo, Pocock, Elsom; Horwill (cap), Vickerman; Alexander (65’ Slipper), Moore (61’ Polota-Nau), Kepu. A disp.: Simmons, McCalman, Higginbotham.
Italia: Masi; Benvenuti, Canale, Garcia (61’ McLean), Bergamasco; Orquera (72’ Bocchino), Semenzato (68’ Gori); Parisse, Barbieri (51’ Derbyshire), Zanni; Van Zyl, Del Fava (58’ Bortolami); Castrogiovanni, Ghiraldini, Lo Cicero (66’ Cittadini). A disp.: D’Apice.
Arbitro: Rolland (Irlanda)





