Mondo candido è un film del quale si può omettere la trama.
Perchè non ha una trama vera e propria o quantomeno non ha nulla che possa essere raccontato con un filo logico coerente.
Difatti nell’opera di Gualtiero Jacopetti e Franco E. Prosperi c’è una sequenza lunghissima e scoordinata di immagini che sembrano a se stanti, sequenze intere che assomigliano ad un caleidoscopio surrealista gettate quà e là senza una soluzione di continuità, un’opera che ricorda per certi versi il surrealismo di Alejandro Jodorowski e in modo molto lato la pittura di Dali, omaggiato verso la fine del film.
Candido inizia la sua esplorazione del mondo, partendo dal castello del Barone
Il Candido protagonista del film ha un eponimo celebre nel mondo letterario, quel Candido che Moliere dipinge letterariamente come un giovane ottimista, felice di essere nato nel castello di un Barone e che considera una gran fortuna degna d’invidia l’essere figlio dello stesso Barone o marito della bella Cunegonda sua figlia.
Come il Candido di Moliere, il Candido di Jacopetti e Prosperi segue inizialmente la stessa via e lo stesso percorso di vita, fino a quando per aver osato baciare Cunegonda( e provocato un orgasmo) non viene cacciato a pedate nel sedere dal barone.
I due Candido iniziano così un percorso nel mondo che divergono immediatamente, trasformandosi nel caso del film in una affabulazione visiva che porta il giovane Candido a spasso per il mondo e per il tempo.
Vediamo difatti Candido spaziare attraverso periodi storici disparati e senza alcun ordine temporale e storico; il giovane si ritrova nella Francia Napoleonica o nel periodo dell’inquisizione spagnola (un evidente anacronismo), così come anacronistici sono i militari che sparano addosso all’esercito napoleonico con modernissimi mitra.
In alcuni luoghi Candido si imbatte in Pangloss, filosofo a corte del Barone, propugnatore della teoria metafisico-teologo-cosmolostoltologia ovvero dell’adeguamento alla vita esistente, l’unica meritevole di essere vissuta in cui ogni cosa ha una logica precisa ed è la migliore che esista. Il buon Pangloss finirà impiccato davanti a Candido e Cunegonda, colpevole secondo il boia di “non aver creduto al peccato originale“.
Il film prosegue su questa falsariga, alternando momenti non sense (i chitarristi rock alla corte di Cunegonda) ad altri con un minimo di logica narrativa.
Ma quest’ultima latita parecchio, nel film.
I due registi sovrappongono immagini e colori, suoni e discorsi non-sense, brandelli di filosofia spicciola e storie assolutamente scollate fra loro; probabilmente si divertono anche a collocare quà e là piccoli frammenti ironici, come la sequenza dell’uomo di colore che ha derubato Candido e che si salva solo per intercessione di quest’ultimo.
Nella sequenza in oggetto, fà una certa impressione il doppiaggio fatto con la voce di Robert De Niro che stona terribilmente ed è in forte contrasto con il personaggio interpretato proprio dall’uomo di colore.
Primo piano della bellissima Sonia Viviani, raffigurata nel secondo fotogramma…
… come personaggio femminile dell’evidente tributo al Dejeuner sur l’erbe di Manet
Scorrendo il film, ci si imbatte anche in sequenze di difficilissima decifrazione, come quella in cui il povero Candido completamente nudo si aggira in un castello dove finalmente ritrova la sua Cunegonda; mentre ciò accade, attorno a lui si scatenano i satanassi (mutuati dagli Hell’s Angels con tanto di rombanti motociclette), che stuprano e devastano incitati da un redivivo Pangloss (un altro evidente anacronismo) che recita “Si bravi, bisogna distruggere per ricostruire“
Le cose proseguono praticamente nello stesso modo per tutto il film, frastornando e disorientando lo spettatore che si ritrova coinvolto in un tourbillon frenetico, assordante e visivamente eccessivo.
Nel caso della sequenza girata a New York si raggiunge il massimo della confusione visiva; il solito Pangloss diventa uno speaker radio televisivo che racconta ad uno stupefatto Candido come “tutto vada bene,tutto vada benissimo”
“Pensa a come tutto è concatenato nel migliore dei modi“, dice Pangloss, “se il mondo nuovo non fosse mai stato scoperto, il vecchio non sarebbe mai esistito,e se il vecchio mondo non fosse esistito non avremmo mai avuto Cristoforo Colombo, gli spaghetti…“
Questo è il tenore dei dialoghi, in cui alla rinfusa ci sono citazioni e non sense, aforismi e altri brani e spezzoni di dialoghi stessi assolutamente folli.
Il Mondo Candido di Jacopetti e Prosperi è essenzialmente questo e lo spettatore è chiamato all’impossibile compito di riunire i tasselli di un puzzle che sembra essere più un divertissement che una forma compiuta e raccontata per immagini di una serie di allucinazioni mescolata a parti reali.
La parte ambientata a New York è ancor più criptica se possibile.
Candido si aggira con il suo mentore Pangloss in scenari da incubo e di guerriglia urbana, tra quartieri devastati e chiese distrutte.
In una di queste dopo aver visto la mummia di un vescovo riprendere vita per poi spirare, Candido assiste all’apparizione della Vergine con le fattezze di Cunegonda e alla contemporanea rabbia di un prete che cerca di togliere i chiodi ad un Gesu Cristo in croce. Il monologo dell’ex prete rasenta spesso la blasfemia ed è la parte sicuramente più discutibile dell’intero film.
In ultimo, vediamo Candido aggirarsi in Medio Oriente, fra fedayn ed ebrei che si combattono con la convinzione di essere dalla parte della ragione.
In una scena, vediamo un palestinese morire falciato da una raffica di mitra in un campo di papaveri, un’immagine che porta dritto dritto alla celebre canzone di Fabrizio De Andrè.
Vittime dell’Inquisizione
Dopo altre brevi sequenze, vediamo Candido ritornare ai suoi tempi e correre felice verso il castello del Barone.
Vi sembra tutto scoordinato?
Il filosofo Pangloss declama le sue teorie non disdegnando le bellezze terrene
In realtà si può riassumere tutto con poche parole; Candido è un’anima pura, semplice, un inguaribile ottimista che si muove in un mondo che se è il migliore possibile è anche infestato da mali e cattiveria. Gli stessi personaggi che si muovono nel film non sono certo esempi memorabili, come la volubile e bugiarda Cunegonda che racconta a Candido di essere stata violentata e che invece ha assunto l’iniziativa con un “satanasso”, come Pangloss che appare come un filosofo che predica bene ma che razzola malissimo, cinico e opportunista, un grillo parlante più vicino ad un camaleonte come personalità.
Il film è finito ed effettivamente ci si pone una domanda pregnante: ma a cosa abbiamo assistito?
La risposta non è univoca, anzi.
La volubile Cunegonda seduce il “satanasso”
Ognuno di noi si è annoiato o divertito, spazientito o è rimasto affascinato, si è sentito preso per i fondelli oppure ha pensato di aver colto per un attimo l’ineffabile essenza del film e del suo protagonista.
Poichè non c’è una risposta, ognuno può scegliere il suo status umorale.
Qualche appunto sul cast, che recita ad un livello più che soddisfacente; bravo Christopher Brown che delinea con padronanza di mezzi tecnici la figura di Candido, bene tutti gli altri protagonisti fra i quali spiccano un giovane Alessandro Haber, Gianfranco D’Angelo e l’affascinante Sonia Viviani. Molto belle le musiche di Riz Ortolani.
Battaglia in un campo di papaveri…
…un omaggio al poeta De Andrè
In ultimo un accenno a Prosperi e Jacopetti,che intitolano il film Mondo Candido, probabilmente con una buona dose di malizia; i precursori dei mondo movie forse in questo modo speravano di attirare qualche spettatore in più nelle sale.
Accolto freddamente dalla critica, Mondo candido ha finito per dividere il pubblico quasi equamente fra sostenitori e detrattori del film stesso.
Alla ricerca di Cunegonda, in un campo militare israeliano
Chi vi scrive trova una cosa degna di menzione nel film: il coraggio di osare l’inosabile, ovvero trasporre in linguaggio cinematografico un helzapoppin in stile felliniano assolutamente inadatto al grande pubblico.
Chi mai oserebbe tentare, oggi, un’avventura del genere?
Diamo quindi atto del coraggio anche commerciale mostrato dal duo di registi
Mondo candido
Un film di Franco Prosperi, Gualtiero Jacopetti. Con Christopher Brown,José Quaglio, Jacques Herlin, Michelle Miller, Steffen Zacharias, Lorenzo Piani, Alessandro Haber, Giancarlo Badessi, Carla Mancini, Gianfranco D’Angelo, Sonia Viviani
Commedia, durata 110 min. – Italia 1975.
Un evidente tributo al surrealismo di Salvador Dali
Candido tra le soldatesse israeliane
L’apparizione di Cunegonda in una chiesa distrutta di New York
L’ingenuo Candido consola Cunegonda che gli racconta la falsa versione della violenza carnale
La pressa inquisitoria
Salvatore Baccaro, l’orco che violenta una ragazza morta
Gianfranco D’Angelo, il barone padre di Cunegonda
Christopher Brown … Candido
Michele Miller … Cunegonda
Jacques Herlin … Panglos
José Quaglio … L’inquisitore
Steffen Zacharias … Il saggio
Gianfranco D’Angelo … Il Barone
Salvatore Baccaro … L’ Orco
Alessandro Haber … Amante di Cunegonda
Regia Gualtiero Jacopetti, Franco Prosperi
Soggetto Gualtiero Jacopetti, Franco Prosperi, Claudio Quarantotto
Sceneggiatura Gualtiero Jacopetti, Franco Prosperi, Claudio Quarantotto
Produttore Camillo Teti
Casa di produzione Perugia Cinematografica
Fotografia Giuseppe Ruzzolini
Montaggio Franco Letti
Effetti speciali Giovanni Corridori
Musiche Riz Ortolani
Scenografia Franco Vanorio
Costumi Franco Carretti
Le recensioni qui sotto appartengono al sito www.davinotti.com
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Curiosissimo film, col quale Jacopetti e Prosperi abbandonano il documentario e si lanciano nel grottesco interpretando ‘Candido’ di Voltaire. L’inizio è formidabile, quasi felliniano, poi il film procede con sbalzi disomogenei, regalando immagini interessanti, talora vividissime, ma anche momenti in cui il grottesco finisce in overdose. Lo stesso Autera, che criticò il film in chiave politica, giudicò ottime le interpretazioni, la musica (Ortolani) e la fotografia (Ruzzolini). Per me è il migliore di Jacopetti ed è l’unico che non sia del genere “Mondo”. Da vedere: **½
Che un film sia ben fatto, interpretato e diretto non significa, sulla base dell’effetto intrattenimento in particolare, granché. E quindi, visto lo stile prettamente felliniano ed il fatto che, in sostanza, non ci si capisce nulla della trama (con tutto il rispetto per l’autorevole fonte che ne sta alla base, ovvero Voltaire) il film si candida (gioco di parole inevitabile) ad essere incoronato come cinema alto, colto e autoriale. Non c’entrano nulla i film del filone “Mondo”, ma è bene ricordarli nel titolo, dato che tanta fortuna hanno portato nelle tasche degli scaltri registi.
La splendida soundtrack di Riz Ortolani
Che sia sovraccarico, sbilanciato, troppo lungo è innegabile. Che il trash sia in agguato a ogni angolo, vuoi per il cast, vuoi per le imbarazzantissime sequenze “d’amore” che, fra flou e sdilinquimenti di Ortolani, ci precipitano in pieno Mondaini-Vianello, pure. Tuttavia il film ha una sua follia visionaria, una certa incoscienza, una sua singolarità, che ne fanno un UFO non solo dell’epoca. Premio al tentativo.
Film modesto e probabilmente pretenzioso, visto che il regista scimmiotta lo stile felliniano. Considerato che quel genere mi annoia parecchio (scusate la puerilità), posso dire che Jacopetti lo imita piuttosto bene, ma se nei film di Fellini c’era una drammaturgia di fondo inossidabile, e spesso nobili pensieri celati, qui si scade spesso nel pecoreccio, creando dunque la reale differenza. Atroce (ma comprensibile, visto il nome del regista) il titolo, che richiama ai “mondo-movies”, ma ormai è cosa nota a tutti che non c’entri nulla.
Anarcoide film che lambisce il grottesco, la satira, intenzioni autoriali e quant’altro (viene da dire) avesse in mente Jacopetti. Non privo di fascino, di una bella fotografia e di buone interpretazioni, è un tipo di cinema che a mio avviso era (paradossalmente) concepibile solo nei ’70, pieno di eccessi ma con quella carica visionaria ed eversiva figlia di quei tempi. C’è un po’ disomogeneità che alterna sequenze notevoli a momenti di trash puro ma, a mio avviso, film così sono da ammirare per l’intento.