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Monti a Piazzapulita assolve Fiat e delocalizzazione

Creato il 25 maggio 2012 da Nicola Spinella @ioparloquantomi

Merito, credibilità in Europa, spending review, scudo fiscale: diversi i temi toccati ieri sera dal premier SuperMario Monti al programma di Formigli. Assolve Fiat :”Chi produce deve scegliere quello che ritiene più giusto per la propria azienda”.

La solita passerella vuota, priva di senso, un vanitoso specchiarsi senza l’ombra di una critica: a questo si è ridotta la partecipazione televisiva di Mario Monti, invitato in studio da Corrado Formigli, alla  trasmissione “Piazzapulita”.

Una trasmissione fredda, distante, sembra quasi un salotto letterario dove nessuno vuole mettere in difficoltà l’interlocutore. A giudicare dal tenore delle domande e della trasmissione, non stupisce che il Presidente preferisca accettare questi inviti che lo espongono ad un incensamento mediatico, invece di doversi confrontare con la lingua spacca-ossa di Santoro e le domande al vetriolo di Travaglio.

Piazzapulita ha avuto una duplice funzione: permettere a Monti di alzare dello 0.01% la sua popolarità e far diminuire lo share di Serviziopubblico.

Gli italiani hanno bisogno di rassicurazioni, di parole di fiducia, non di odiose lectio magistralis da parte di un supplente che parla sempre e solo di prelievo fiscale e che non riesce a mentire in maniera credibile, quando il conduttore rivolge l’unica domanda pungente della serata, quella sull’Iva al 23%.

Prova a glissare, Monti: inizia a gesticolare (lo fa pochissimo, e solitamente quando non crede a quel che sta dicendo), parla di previsione indispensabile per ottenere la credibilità della manovra agli occhi dell’Europa, dice che con la spending review forse limiteremo i danni. Il dottor Lightman avrebbe smascherato immediatamente la menzogna. Rassegnamoci, perché ad ottobre l’IVA salirà al 23%.

Formigli si è reso complice di questo ennesimo spot pubblicitario del secondo peggior premier della storia d’Italia (il primo dei non eletti tuttavia, n.d.r.), lo invita a dichiarazioni edulcorate sul sistema delle compensazioni.

Monti arriva persino a difendere velatamente la casta, lascia intendere che non avrebbe potuto tagliare i costi della politica a destra e a manca: meglio forse concentrarsi sulle pensioni, Professore?

Sembra completamente disinteressato alle immagini di Termini Imerese che muore, alle urla del cittadino che vuole diventare brigatista perché “mi manca il pane”,dice. Ignora le proteste di chi, nella disperazione dell’aver perso il lavoro, dice di essere pronto ad andare a rubare.

Altro flop del premier è quello successivo alle immagini della fabbrica serba di Fiat, in cui Marchionne può garantirsi manodopera a 300 euro mensili per operaio, senza sindacati tra i piedi e con garanzie ridotte all’osso. Grande esempio di civiltà e progresso, soprattutto perché ottiene l’avallo di Monti, che non sconfessa l’operato di Marchionne ma lo promuove: è evidentemente un premier che fa gli interessi di chicchessia, tranne che di quelli di cui dovrebbe.

E’ normale che le aziende vadano all’estero, non dobbiamo demonizzare la Fiat perché va ad esercitare la schiavitù in Serbia: la Fiat deve rimanere in Italia per la stabilità della situazione economica complessiva, non per tradizione.

No, caro Professore, così non va: e non andrà nemmeno la prossima volta in cui Fiat chiederà l’aiuto dello stato per risollevarsi dal baratro economico (che voi avete perfettamente realizzato, gettando l’Italia in una recessione senza precedenti) a seguito dell’impossibilità di vendere quei veicoli prodotti a costi irrisori. Ma magari le acquisteranno i serbi, le Fiat: con trecento euro al mese, basterà loro lavorare appena otto anni per comprare una scattante 500. Già, perché grazie alle politiche di oppressione fiscale e a quelle riforme del lavoro degne di Jason di venerdì 13, difficilmente un italiano potrà permettersi un’automobile, nel prossimo futuro. Con quel che costano i carburanti  e le assicurazioni non ci aspettiamo certo un boom di vendite, in Italia.

Gli italiani meritano un premier che comprenda i motivi per cui le aziende investono all’estero e non sul territorio nazionale, non di un professore brizzolato che ci faccia scoprire i lati buoni della delocalizzazione (che non esistono, sia chiaro, se non per gli imprenditori) e difenda il degno compare Marchionne.


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