Aprile è quel mese un po’ strano: c’è il sole ma fa freddo, l’aria è polare ma tu vorresti solo scoprirti, abbandonare i maglioni pesanti ed invece ti trovi costretta a vestirti a strati perché la felpa da sola non basta e allora kili di pashmine e sciarpe poiché il vento porta con sé subito mal di gola, per quanto ci piaccia che scompigli capelli e pensieri.
Aprile che mese strano: dormirei tanto, e passo da strati di iper attività a paranoie dure, concetti puri e qualche paura, canticchiando motivetti e impostando l’agenda su ipotetiche fughe repentine al mare.
Sono incerta se spegnere il riscaldamento: il mio fidanzato, da bravo uomo caloroso impone il si, ma di nascosto, la sera, mentre cucino un po’ l’accendo che a me piace dormire calda e risvegliarmi comunque tiepida.
Ho ricominciato la ginnastica, faccio yoga in sala prima di cominciare a rispondere alle email al mattino, il mio corpo ha richiesto una repentina sostituzione del caffè nero, lungo e vellutato che di solito bevo in quantità industriali, con molto tè verde e miele. Pare che finalmente ci sia riuscita: ho smesso di permettere a persone negative di avvelenarmi la giornata.
Panifico, parecchio. Le giornate mi sfuggono di mano. Devo cominciare a blindarmi in casa e scrivere il libro, senza nemmeno pensare ad alzarmi sulla sedia e agognare persino il minuto d’aria a mezzogiorno quando sul nostro terrazzo batte il sole meraviglioso e pieno di luce, quello che da vita alla fotosintesi clorofilliana, che miracolosamente ha effetti da sortilegio anche sulla sottoscritta.
Girovago a piedi nudi sul tappeto, sovrappongo maglioni che poi alla sera metto a lavare stizzita perché – che diamine – è quasi estate – voglio solo metterli in lavanda e dimenticarmene.
Devo fare gli esami del sangue, il recaller test e la visita dentistica. devo devo devo. Voglio stare a letto a mangiare torta al cioccolato alternando tè alla mandorla e vino bianco, libri seri a riviste di cucina e gastronomia.L’amore per noi stesse salverà la nostra vita.
Mi impacco i capelli con olio di cocco, cerco di impormi il latte detergente alla sera. Sono pigra. Ho voglia di spaghetti pomodoro e tanto basilico e birra fresca, serate lunghe sul balcone a mirare le stelle estive e a inalare citronella a candela.
Ho detto che panifico – è vero, molto. Mi lancio in esperimenti che riescono ed in altri che non riescono per nulla.
Però il pan brisochè mi riesce bene e mi impone anche un ritmo più lento per le colazioni, facendomi assaporare la meraviglia di dedicarsi un po’ di tempo, al di fuori di ogni impegno prefissato di ogni “devo” e persino di ogni “voglio”.Si perché mentre lo preparo è consuetudine per me pensare pensieri belli, immaginare il mare, ascoltare la playlist preferita di Spotify – quella che trovi sotto mood e di solito “un caffè e un libro” è la mia preferita.
Tempo pe mer stessa. Quanto tempo. La vita che voglio, eccola qui. Mi guardo intorno e seppure ho ancora tanti limiti, molte barriere e qualche ostacolo, questa qui, esattamente questa è la vita che voglio, che ho costruito in un susseguirsi di esperienze, sorrisi e lacrime e tutto acquista un senso, proprio tutto.
Non mi sembra vero di poter dire: che giorno è e non avere ansia di lunedì o chissà che cosa. Con il mio A., adesso siamo riusciti a togliere anche il pesce così finalmente possiamo definirci e proclamarci vegetariani. Ne sono entusiasta.
Vorrei tempo: mi sento sempre in continua e perenne rincorsa. All’arrembaggio di minuti talvolta eterni ma che in un soffio sono passati, andati, gone, puff.
Voglio fare pigri sandwich di gelato e passare pigri pomeriggio in piscina, quelli che finiscono con spaghetti e vino bianco all’osteria sotto casa, capelli ancora bagnati, costume come mutandine e poi arrivi a casa e senti sul balcone l’asciugamano ancora umido.
Pigrizia, come modus operandi. Per riappropriarsi del tempo che corre.
Pane brioche quindi, ovvero l’arte di ciondolare: latte di mandorla, composta di rabarbaro., Bon Hiver alla radio e giornali sparsi sul pavimento. Un sorriso ed è già mattina con un nuovo capitolo di vita e sorrisi da scrivere. Morbido, come dovrebbe essere ogni cosa che ci circonda. Confortevole e confortante.
Io credo di poter essere paragonata al suo impasto: necessito calore e musica e attenzioni.
Ecco la ricetta.
Ingredienti
200 gr di farina Manitoba
80 gr di farina di avena o farro
100 gr di burro sciolto a fuoco lento, senza però farlo “sfrugugliare”
75 cl di acqua tiepida
2 uova
1 cucchiaio da minestra di miele millefiori o di miele di girasole
1 cucchiaio abbondante di vaniglia in polvere
1 cucchiaino di fiore di sale alla vaniglia
40 gr di zucchero di canna
15 gr di lievito fresco
Io ho usato la mia favolosa Kitchen Aid, lo ammetto. Ho preparato prima il composto secco, poi l’umido e li ho infine uniti. Con l’impasto ottenuto, ho trasferito tutto in una ciotola di vetro e lasciata al caldo per un paio di ore. Poi ho lasciato l’impasto in frigorifero per una notte. Al mattino, ho diviso l’impasto in tre palle e messe in uno stampo da plumcake. Lì ci sono rimaste a temperatura ambiente per altre due ore, ed infine in forno a 190°C per circa 30 minuti, avendole prima spennellate con 1 tuorlo d’uovo.