di David Incamicia |
Cosa direbbero se fossero ancora in mezzo a noi? Come reagirebbero dinanzi all'infausta evoluzione che ha segnato negli ultimi anni la vita della nostra Repubblica? Me lo chiedo continuamente, soprattutto da quando la gloria della Nazione italica è stata sopraffatta dalle turpi consuetudini di un ceto politico e istituzionale non degno di onori e fama. Un declino costante, lento ma esiziale, cominciato a cavallo fra gli anni '70 e '80 e sfociato nell'immondo panorama sociale e culturale del tempo presente. Oggi si celebra un ennesimo "Giorno della memoria", stavolta dedicato ai martiri della ferocia ideologizzata del terrorismo nostrano e fra questi in particolar modo ai tanti Giudici crivellati dalle P38.
E' una giornata voluta dal buon vecchio Presidente Napolitano, come sempre attento e sensibile, capace di leggere fra le righe del contingente e di fiutare l'olezzo della deriva imponendo ciò che è più giusto perfino alle ingiuste coscienze. Ed è anche una giornata che coincide con altri tristi ricorrenze, col ricordo del sacrificio dello statista (qualità ormai in disuso) Aldo Moro per mano brigatista e di quello del giovane militante scapigliato Peppino Impastato, trucidato dalla sempiterna tracotanza mafiosa.
La celebrazione di quest'anno ha peraltro una valenza attualissima, in quanto il tema della giornata si concentra sul ricordo dei servitori dello Stato - magistrati in testa - vittime del terrorismo e della violenza di ogni sorta. Anche della violenza verbale e del pregiudizio, poiché il tentativo di isolamento e di emarginazione sociale, l'opera vile e scellerata di delegittimazione morale agli occhi di un'opinione pubblica ormai assuefatta e privata di qualsivoglia strumento critico, equivale a ripetere l'atto stesso dell'uccisione fisica e a perpetuare la condizione di vittime malgrado il ricordo.
Rabbrividisco ascoltando una delle più alte cariche istituzionali di questo misero Paese, proferire con ripetitività schizofrenica che i Giudici rappresentano "un cancro da estirpare". Giudici la cui unica colpa sarebbe quella di provare ad accertare se un cittadino, anche laddove sieda a Palazzo Chigi, abbia rispettato o meno le leggi. La memoria si coltiva innanzitutto non dimenticando mai chi si è battuto ed ha accettato il rischio di sacrificare la propria vita per stare "dalla parte giusta", ecco perchè è fondamentale evitare confusioni tra chi ha presidiato la frontiera dello Stato e chi ha tentato invece di abbatterla posizionandosi sull’altro versante, "dalla parte sbagliata”.
Chissà allora con quale espressione in volto si fermerebbero a leggere quegli orrendi manifesti che hanno insozzato le nobili strade dell'urbe meneghina nei giorni scorsi ("Via le BR dalle procure"), non solo i vari Moro e Impastato ma pure Francesco Coco, Vittorio Occorsio, Riccardo Palma, Girolamo Tartaglione, Fedele Calvosa, Emilio Alessandrini, Vittorio Bachelet, Nicola Giacumbi, Girolamo Minervini, Guido Galli e Mario Amato, tutti esponenti dell'unico ordine dello Stato a cui davvero si deve la sconfitta del terrorismo italiano nero e rosso: la magistratura. Con certi richiami e accostamenti impropri è meglio non scherzare. Se viene meno anche l'autorevolezza dell'ordine giudiziario, per un capriccio di chi ne rifiuta la legittima e doverosa autorità, l'Italia rischia sul serio di finire nel baratro!
Così scrive proprio il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nell’introduzione al volume del Csm "Nel loro segno" che ricorda i magistrati vittime del terrorismo e delle stragi di mafia: "Negli anni degli attentati terroristici, l’Italia corse rischi estremi. Sapemmo uscirne nettamente, pur pagando duri prezzi, e avemmo così la prova di quanto profonde fossero nel nostro popolo le riserve di attaccamento alla libertà, alla legalità, ai principi costituzionali della convivenza democratica, su cui poter contare.[...]Quelle riserve vanno accuratamente preservate, ravvivate, e messe in campo contro ogni nuova minaccia nella situazione attuale del Paese e del mondo che ci circonda. E' infatti necessario tenere sempre alta la guardia sia contro il riattizzarsi di focolai di fanatismo politico e ideologico sia contro l’aggressione mafiosa".
Già, "sapemmo uscirne". Ed oggi? Siamo ancora in grado di uscire dalla spirale di odio e rancore, e dal degrado morale e culturale nel quale siamo stati ricacciati dopo l'interminabile periodo di assoluta desolazione che continua ad affliggere la vita pubblica? La formuletta "Per non dimenticare", quella gradevole che si sente ripetere in ogni occasione commemorativa, ha bisogno di contenuto e di autenticità. Il nostro Capo dello Stato è oggi forse l'unica personalità, come dimostra tutto il percorso di celebrazioni per il 150° dell'Unità, che evita di aggrapparsi alla banalità di vuoti slogan sforzandosi di proporre invece messaggi alti e robusti, veri, diretti all'intera Nazione senza differenze di sorta.
E' anche da questo impegno che si è giunti alla nascita del portale http://www.memoria.san.beniculturali.it/, un progetto che sarà on line dopo l'odierna ricorrenza e che è stato condiviso con numerose associazioni che hanno contribuito a creare un archivio solido dei fatti, degli uomini e delle donne strappati alla vita per mano del terrorismo, della violenza politica e della criminalità organizzata. Un'iniziativa lodevole e finalmente "esemplare", per approfondire e conoscere le pagine più crude e raccapriccianti della storia d'Italia e per non condannare quelle vittime a rimanere "vittime per sempre".
Magazine Società
Moro, Impastato e quei giudici assassinati due volte
Creato il 09 maggio 2011 da David Incamicia @FuoriOndaBlogPossono interessarti anche questi articoli :
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