Nella mattinata di lunedì 5 maggio, presso la Sala delle Lauree della Facoltà di Sociologia, Scienze Politiche e Comunicazione dell’Università Sapienza di Roma, si è tenuto il seminario Studiare le minoranze.
Si è trattato del primo evento del nuovo ciclo “Lezioni di metodo geografico e geopolitico”, frutto della collaborazione tra l’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG) e la Cattedra di Geografia Politica ed Economica del Dipartimento di Scienze Politiche della Sapienza. Come ha spiegato il Direttore Generale Daniele Scalea, presente in rappresentanza dell’IsAG, tale nuovo ciclo s’inserisce nell’ambito degli sforzi dell’Istituto per la promozione della geopolitica in Italia, in particolare rafforzandone lo statuto scientifico.
Il Professor Paolo Sellari, titolare della Cattedra nonché moderatore dell’evento in oggetto, ha rivendicato l’imprescindibilità dello studio della geografia nei corsi di Relazioni internazionali.
Al centro della discussione il volume, di recente pubblicazione dalla Oxford University Press, Multiculturalism and Minority Rights in the Arab World. Presente la Professoressa Eva Pföstl (Istituto San Pio V), curatrice dell’opera assieme a Will Kymlicka, la quale ha esordito raccontando la genesi del libro e le difficoltà incontrate per realizzarlo. In particolare, molti studiosi arabi hanno avuto problemi a trattare di minoranze, perché è un tema tabù nei loro paesi. Diverso il caso di alcuni accademici arabi che si sono mostrati restii a vedere il loro lavoro giudicato da una collega donna e occidentale. Inoltre, diversi studiosi arabi hanno giudicato tanto la prospettiva occidentale sul tema quanto le regole di compilazione dell’Università di Oxford come elementi neocoloniali.
Passando ai contenuti, la Prof.ssa Pföstl ha spiegato come centrale sia la domanda sull’interpretazione araba del rapporto tra il discorso internazionale (tutela delle minoranze come estensione naturale dei diritti umani) e i discorsi locali. Le resistenze del mondo arabo alla tutela delle minoranze provengono essenzialmente dall’eredità del millet (in cui però essere minoranza significa essere cittadini di serie B), dall’eredità del colonialismo (le minoranze sono sospettate di intelligenza con lo straniero), dal processo di nation-building (i confini sono stati disegnati dalle potenze coloniali). Tuttavia, aggiunge Eva Pföstl, fattori simili si trovano anche altrove, sicché ella rifiuta l’idea di un “eccezionalismo arabo” sulla questione delle minoranze.
La parola è dunque tornata a Daniele Scalea, il quale ha voluto inquadrare il fenomeno in ottica diacronica, evidenziando la differenza tra comunità minoritarie storicamente radicate, molto frequenti nel mondo arabo, e comunità minoritarie formatesi per recente immigrazione, che sono il caso più frequente in Europa Occidentale. Le nozioni moderne di multiculturalismo e tutela delle minoranze, oltre a essere di chiara matrice occidentale, non sono tradizionali neppure per l’Occidente bensì una novità recente. Facendo ricorsi a numerosi esempi storici, Scalea ha sostenuto che la nascita dello Stato moderno in Occidente si è spesso legato all’eliminazione delle minoranze, e che né la Rivoluzione Francese né il liberalismo hanno subito introdotto l’idea multiculturale e di tutela delle minoranze, che è invece storia recente.
Matteo Marconi, geografo dell’Università di Sassari e direttore del programma “Teoria geopolitica” dell’IsAG, ha incentrato il suo discorso sul rapporto tra minoranza e territorio. Una fondamentale differenza tra Occidente e mondo islamico è che nel primo l’autorità è esercitata su un territorio, nel secondo su una comunità. Siccome la minoranza è definibile solo entro un territorio, i paesi islamici in cui il diritto è sovra-territoriale e personale faticano a pensare la categoria di “minoranza”. In epoca di globalizzazione e deterritorializzazione, secondo il Dott. Marconi i paesi islamici non hanno più necessità di rincorrere il modello occidentale di Stato-nazione ma potrebbero ridare spazio al diritto personale, con una riedizione moderna del millet.
L’ultimo intervento è stato di Emanuela Irace, giornalista collaboratrice della RAI e de “L’Unità”, la quale ha raccontato la sua esperienza sul campo nelle regioni curde della Turchia. È seguito un partecipato dibattito col numeroso pubblico in sala, composto per lo più da studenti e accademici.
(D.S.)