La morte recente di Isabelle Caro, la modella francese famosa per aver posato per Oliviero Toscani, ripropone ancora una volta il problema dei disturbi del comportamento alimentare e la sua difficile gestione.
Appartengono a questa categoria di disturbi l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa e il disturbo da alimentazione incontrollata o binge eating disorder, tutti caratterizzati da un rapporto patologico con il cibo che sottende profonde problematiche emotive e distorsioni cognitive relative alla propria immagine corporea. L’età di insorgenza di questi disturbi è tra i 15 e i 19 anni per l’anoressia e tra 20 ed 24 anni per la bulimia, ma si comincia a registrare un loro aumento anche tra persone più giovani (9-11 anni) e più grandi (il 20 per cento ha più di 35-40 anni), così come tra gli uomini.
Nell’anoressia nervosa il forte dimagrimento è raggiunto con la limitazione drastica dell’apporto alimentare e l’intensa attività fisica, ma anche con una dieta rigida alternata ad abbuffate, seguite da vomito auto-provocato e/o abuso di diuretici, lassativi, sostanze anoressizzanti. La bulimia nervosa è caratterizzata invece da “abbuffate” spesso quotidiane, con perdita di controllo e assunzione caotica di grandi quantità di cibo, anche fino a 20.000 calorie, seguite da comportamenti di compenso spesso molto pericolosi per evitare di ingrassare (vomito auto-provocato e/o abuso di diuretici, lassativi, sostanze anoressizzanti), mentre nel disturbo da alimentazione incontrollata le abbuffate non sono seguite da comportamenti di compenso, con conseguente forte aumento di peso.
Una diagnosi precoce e delle cure adeguate offrono buone possibilità di “guarigione” che per l’anoressia nervosa sono del 30% , mentre arrivano al 75% per la bulimia, malgrado la metà dei casi tenda poi a ricadere, alternando fasi di miglioramento e peggioramento.
La cura richiede, nei casi di disturbo conclamato e forte perdita di peso, sempre la collaborazione tra internista, cardiologo, nutrizionista, psichiatra e psicoterapeuta e prevede nei casi più gravi l’associazione di farmaci e psicoterapia. “La psicoterapia cognitivo-comportamentale – afferma il Prof. Antonio Tundo, direttore dell’Istituto di Psicopatologia di Roma – è utile per ridurre i sintomi e contenere il rischio di ricadute, mentre la terapia farmacologica deve essere impiegata per fronteggiare i sintomi depressivi e ossessivi associati al disturbo”.
Dott.ssa Federica Letizia