Di
Cinzia Carotti. Elizabeth (
Norah Jones) vive un momento difficile con un compagno di cui è profondamente innamorata. Le cose precipitano e la rottura fra i due sembra inevitabile. Elizabeth trova rifugio in quelle notti apparentemente eterne: il ristorante tavola calda del giovane Jeremy (
Jude Law). Inizialmente vi andava sapendo di trovarvi l’ormai ex compagno (che viveva nella strada di fronte), e successivamente per confidarsi con il giovane che si innamora perdutamente di lei. La ragazza, tuttavia, lascia New York per un viaggio itinerante negli Usa scandito da lunghe permanenze in luoghi casuali svolgendo lavori salutari nella speranza di poter acquistare una macchina e di mettere ordine nella propria vita. Jeremy dal canto suo riceve le lettere che lo informano delle emozioni della giovane. Elizabeth lungo il suo percorso incontra anime importanti, come Arnie (
David Strathairn), poliziotto dal passato difficile e abbandonato dalla moglie (
Rachel Weisz) o Leslie (
Natalie Portman), una sfortunata giocatrice d’azzardo, che le permetteranno di comprendere la vera Elizabeth e di raggiungere la sua meta.
Il film, presentato in concorso al
Festival di Cannes 2007 è uscito nelle sale cinematografiche italiane il 27 marzo 2008. Ciò che colpisce del film è l’eleganza compositiva che passa attraverso diversi canali. Il primo è la musica. L’attrice protagonista è
Norah Jones nota cantante blues e anche l’ex di Jeremy è interpretata da
Chan Marshall, meglio nota come
Cat Power, anch’essa cantante blues e soul. L’atmosfera è esattamente quella espressa dalle canzoni
blue: melanconia. L’altro canale sono i colori. I bar, i luoghi di rifugio dei personaggi, che sembrano cercare un senso stesso ai propri ricordi, sono intimi, soffusi, avvolgenti ma oscuri mentre l’esterno brucia in colori seducenti e inospitali. L’oscurità non è una nemica, anzi è un luogo in cui poter riposare gli occhi bruciati dal troppo vivere, o semplicemente una compagnia discreta attraverso la quale poter dare voce ai sentimenti fino ad allora trattenuti.
L’esterno ci parla e mette in risalto il ritratto dei personaggi di cui non sappiamo quasi nulla (i dialoghi sono risicati e per nulla esaustivi) ma la sensazione è di conoscerli profondamente, empaticamente e per certi versi comprenderli grazie alla perfetta orchestra della regia che esalta un contesto carico di
sensazioni dialoganti con lo spettatore.
Come ama sottolineare l’intera colonna sonora, il film è una ricerca del senso stesso del ricordo. Lo scopo della narrazione è chiedersi, come Elizabeth, quale ricordo ci lega alle persone che per brevi istanti o per sempre lasciamo dietro di noi. Wong Kar-wai, maestro indiscusso del cinema contemporaneo grazie al capolavoro
2046 e
In the Mood for Love, corre il rischio profondo di cadere nell’ovvio e nel tema banale del viaggio on the road, simbolo ormai usurato del sogno americano. Non solo evita il risaputo, lo stucchevole, ma crea una vera e propria
poetica sentimentale attraverso l’immaginario cinematografico statunitense frequentando situazioni logore, caratteri, corpi e volti facilmente inquadrabili ma al contempo distanti e enigmatici.
E’ un vero
contrappunto interiore in cui i dilemmi veri (e quindi banali) come la fame di memoria, la ricerca della propria identità si vadano a legare al desiderio profondo di far si che gli altri si ricordino di noi. La percezione del fluire del tempo, dello spazio, del consumarsi di ore e latitudini segnano la disperazione di dover imprimere un’orma del proprio passaggio. Il movimento viene reso grazie a lunghe accelerazioni dei movimenti quotidiani, dissolvenze di volti, frenetiche fughe in auto in cui i dettagli svaniscono. Il movimento perpetuo genera un confronto inusuale fra
“assaporare” il viaggio o
“esplorarlo”. Elizabeth non gode del viaggio, si lascia trasportare in questo moto lasciando nella cucina di Jeremy il vero senso della vita che è quello di assaporare ciò che amiamo e fa per noi
Non può esserci esplorazione di senso se non si può godere del piacere di poter tornare, una volta guariti, in un luogo a noi famigliare che ci offre la preziosità di un legame. Un legame romantico soprattutto con noi stessi, in un gioco di specchi, attraverso i ricordi che lasciamo negli possiamo comprenderci e imparare cosa significa essere naturalmente immersi in un flusso di eventi. Un messaggio tanto importante, e non scontato in un mondo che non si cura gli affetti, non poteva essere reso in modo migliore. Andate a recuperare anche la colonna sonora come imperativo del giorno.
★★★1/2