Vi riportiamo qui sotto due stralci del racconto vincitore (siamo impossibilitati a inserirlo interamente a causa della lunghezza dell'elaborato).
IL DRAGO DI MALAMORN
Hetzal aveva appeso le pergamene nella sua stanza e trascorreva le sere osservandole e chiedendosi quando avrebbe avuto occasione di dimostrare quello che aveva imparato. Aveva due mesi di riposo prima di cominciare il primo corso per conseguire il titolo di «Negromanta Maior». Già sognava quando avrebbe potuto indossare il mantello nero e fare tutte le magie che il suo cervello le avrebbe suggerito. Con questi pensieri in testa la futura regina di Malamorn aveva, un pomeriggio torrido e tranquillo, invitato al castello alcune sue compagne di corso, per la precisione Galanthya, Tzarley e Lamberya, e insieme avevano deciso di tentare qualche esperimento imparato ai corsi di pozioni e sortilegi. Non c’era voluto molto tempo per mettere insieme gli ingredienti necessari per ricreare una pozione divinatoria e le quattro giovani maghe li avevano fatti, con diligenza e attenzione, fatti bollire negli alambicchi, filtrati e infine fatto colare il liquido verde intenso in un’ampolla di cristallo finemente lavorata. Il libro, a quel punto, spiegava che chiunque avesse bevuto l’intruglio avrebbe potuto, per qualche ora, avere una visione chiara dell’immediato futuro. Galanthya, la migliore amica di Hetzal e figlia di una delle più ricche famiglie nobili del principato, si fece avanti per sperimentare il magico infuso ma la principessa la fermò. «Lo farò io», disse con convinzione e senza dare alle altre il tempo di obiettare, afferrò il bottiglino di vetro e si scolò in un sorso la mistura. Le altre tre si fecero vicino a lei, in trepida attesa. Sempre secondo quello che avevano letto e che il professore di pozioni e sortilegi aveva spiegato in classe, l’effetto era pressoché immediato. «Per prima cosa gli occhi della persona che ha bevuto diventeranno di un intenso color verde quindi passeranno al giallo oro e a quel punto le nebbie del futuro prossimo si apriranno davanti a lei».
Galanthya e le altre videro gli occhi azzurri di Hetzal diventare prima verdi poi cangiare in giallo oro. «Allora?», dissero le tre ragazze quasi all’unisono. La principessa stava per parlare e dire ciò che riusciva a vedere ma invece delle parole il suo corpo produsse un lento e pesante boato. Hetzal, a quel suono, sbiancò in volto e cominciò a sudare. Le sue amiche arretrarono di un parecchi passi mentre i rumori provenienti dal corpo della principessa si facevano sempre più minacciosi.
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Alla luce di undici candelabri da cinque bracci tre vecchie dall’aspetto incartapecorito stavano abbarbicate ad altrettanti sgabelli parlandosi fittamente. Le schiene incurvate dagli anni di studio ininterrotto erano avvolte da lisi mantelli neri. I visi, i cui lineamenti erano nascosti da un reticolato di rughe profonde e sottili, avevano un’espressione grave e le parole che si scambiavano erano tremolanti quasi quanto i loro respiri stessi. Intorno a loro l’ambiente rispecchiava il loro aspetto: muri di spessa pietra crepati per quasi tutta la loro altezza, intorno a loro pezzi di legno prendevano polvere e offrivano riparo a ragni e topi. La volta dell’enorme cripta dell’Oratorio della Negromanzia cadeva a pezzi e reggeva ancora grazie ai puntelli che giovani guardie, prestate dalla vicina Accademia delle Arti Guerresche, avevano sistemato in più di un’occasione in quei quasi 180 anni. Pur trovandosi parecchi metri sotto terra l’ambiente fu squassato da un rombo sordo che fece tremare quella parte dell’Oratorio fin nelle fondamenta. Dai corridoi laterali si udirono i tonfi dei corpi delle passate consorelle Negromantesse caduti a terra a causa delle scosse. In pochi minuti una decina di giovani comparvero e si diressero verso i cunicoli delle catacombe per rimettere al loro posto le mummie. Una delle tre anziane sacerdotesse sospirò, avvolgendosi nel suo mantello. «Abbiamo trascorso l’intera nostra esistenza cercando una pozione che potesse rendere a quel mostro la sua forma originaria ma abbiamo fallito. Il nostro tempo è quasi finito». La voce di Galanthya aveva perso tutta la freschezza della gioventù e la forza che in quegli anni giovanili l’aveva animata nella ricerca di una pozione per rendere a Hetzal il suo aspetto umano.
Sopra le loro teste il soffitto tremolò di nuovo e della polvere di mattone cadde tutto intorno, imbiancando il pavimento e ricoprendo ciò che restava di scrittoi e degli scaffali dove i libri più antichi riposavano da secoli. Lamberya allungò una mano e un volume volò alla sua mano. la vecchia maga lo aprì e scorse le pagine. «É inutile - disse con tristezza Galanthya -. Sorella Tzarley ha già consultato quel libro milioni di volte sperando di trovarci qualcosa di utile». Con uno sbuffo l’anziana negromantessa lo chiuse e lo rimandò a posto con un movimento della mano. Oltre ottanta anni di studi quasi ininterrotti e le uniche cose che avevano imparato erano quei trucchetti da baraccone. Le guardie, che avevano il compito di difendere le tre anziane maghe, tornarono nella sala e domandarono se volevano qualcosa. Uno di loro aggiunse che si trovavano in quel luogo da almeno sedici ore e che forse era opportuno che si prendessero un po’ di riposo. «Ragazzino - lo apostrofò Sorella Lamberya con una certa alterigia - siamo chiuse in questo Oratorio da quasi 180 anni…sedici ore in più o in meno non faranno certo la differenza». Sorella Galanthya tossicchiò cercando di ridere ma, con fatica, scese dallo sgabello e chiamò un giovane allievo dell’Accademia per farsi aiutare a camminare. Le altre due la seguirono, sorrette da altrettanti baldi guardie. Gli uomini erano a tal punto preoccupati per la loro incolumità che non si accorsero delle tre bottigliette di cristallo blue, colme di un liquido all’apparenza trasparente, nascoste sotto i loro sai di streghe.