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Navigatore cellulare #1

Da Suster
Navigatore cellulare #1Bravi, fate bene a correggermi, ché non si dice così, e io non sono più una bambina di 4 o 5 anni, che tanto tanto ci sta che storpi ancora qualche parola, anzi, al limite fa pure tenerezza.
Ma la mia incapacità inveterata e recidiva nel pronunciare correttamente il nome dell'oggetto scelto come titolo, esprime a perfezione la mia essenza troglodita, che mi fa rimanere impantanata nella preistoria del ventesimo secolo, in cui venni alla luce, e mi rende incomprensibile e ostile la quasi totalità degli ammennicoli e archipenzoli che dallo scoccar del nuovo millennio in poi diventarono di ordinaria e quotidiana amministrazione per circa 6 miliardi di persone meno una. Me.
Insomma, basta guardare il lessico che utilizzo: archipenzolo? Questa devo averla riesumata dal ricordo di una versione di greco del liceo, in cui non riuscii a tradurre altrimenti una misteriosa parola, di cui il vocabolario Rocci riportava appunto: archipenzolo. E questa storia già da sé la dice lunga sul mio livello di aggiornamento mentale (dizionario Rocci Greco antico-Italiano, copiright 1943).
Ma veniamo a noi.
- Allora, mamma, io vado eh.
- Vai, tranquilla.
- Torno massimo tra un'oretta, un'oretta e mezzo, così.
- Va bene.
In macchina perdo mezz'ora per programmare il navigatore. E sì che abito in questa città da dieci anni, ci dovrei pure saper arrivare da sola fino a Livorno. Ma io preferisco non fidarmi troppo del mio rinomato senso dell'orientamento, che basta un "lavori in corso", una deviazione, un'uscita sbagliata, e mi ritrovo a Genova. Quindi, giacchè ce n'è la possibilità, mi affido a Silvia, che è il nome della tipa che sta dentro al navigatore, una ragazza compita e precisa fin quasi al puntiglio, con una voce flautata e sensuale e una dizione perfetta, giusto un tantino fischiata sulle "S". Luca, al contrario, ha una voce da babbione in trans: parla come il mio grillo parlante di quando avevo 5 anni (strumento elettronico di rustica tecnologia di inizio anni '80, che si prefiggeva lo scopo di insegnare a leggere e a scrivere ai bambini. Mia madre sostiene che io imparai così).
Il problema non è tanto comunicare a Silvia l'esatta destinazione, quanto piuttosto controllare che lei, in un'impeto di zelo, non scelga per me percorsi alternativi al di fuori della civiltà, come accadde l'ultima volta... Ahi ahi! Esperienza al limite del thriller.
All'epoca ero incinta di 8 mesi (esattamente 17 mesi fa, so) e mi recavo nello stesso medesimo posto di cui oggi, per l'acquisto di un armadio per la camera, che finalmente, dopo 6 anni dal nostro ingresso ne "La Casa", decidevamo, sotto la spinta di quell'essere che covavo nel mio grembo, di rendere un tantino più confortevole, e quindi eliminare la catasta di scatole di cartone entro cui conservavamo il nostro vestiario sostituendole con un avveneristico guardaroba in puro legno massello.
Lo trovammo, per l'appunto, nel nostro antro delle meraviglie privato (Il mercatino di Carlotta!), pressso Livorno, come dicevo, alla modesta cifra di 200€, ma il primo viaggio andò a vuoto, perchè come due macachi che siamo, avevamo dimenticato di prendere le misure della parete, e quindi, temendo di acquistare qualcosa che mai sarebbe entrato nel risicato spazio della nostra alcova, abbiamo lasciato una mezza parola per il mobile, dicendo che saremmo (sarei) tornati nel pomeriggio per concludere l'acquisto.
E quindi la sottoscritta, affidandosi a Silvia, si è imbarcata in un'impresa impossibile che l'ha condotta quasi alla fibrillazione.
Quella santa donna della mia navigatrice mi guidò attraverso stradine sperdute, facendomi uscire quasi subito dalla strada di scorrimento veloce Fi-Pi-Li (Firenze-Pisa-Livorno) che io ben conoscevo come rotta sicura, e conducendomi per campi dove non si vedeva un cristiano o un'abitazione nel raggio del visibile, prima per un'asfaltata del dopo guerra, che aveva più voragini della striscia di Gaza, per cui ho dovuto improvvisare uno slaloom gigante a 15 Km/h per evitare di spaccare un asse della macchina e ritrovarmi in mezzo al deserto dei Tartari con la macchina fuori uso e lei che continuava a ripetere "Proseguire per 3 virgola 8 chilometri". Nel qual caso immaginavo che, come da copione dei migliori film sull'argomento, avrei anche iniziato, di lì a poco, ad avvertire qualche contrazione pre parto, prima di essere inondata nelle mie parti basse da qualcossa che non era pipì. Il pensiero che tutto ciò si sarebbe potuto concretizzare da un momento all'altro nel mio presente, mi formò un nodo a strozzo all'altezza dell'epiglottide e mi prosciugò la salivazione, e per quanto io continuassi a ripetermi "Stai calma, che se no la bambina se ne accorge e si agita, poi magari le viene in mente di accelerare i tempi di uscita", non riuscivo assolutamente a ricacciare nel profondo dei miei visceri quel magone che sentivo montarmi in gola.
Dopo le voragini, la stradina divenne una sorta di montagna russa, perchè l'asfalto aveva subito drastiche deformazioni in seguito all'attacco delle radici di alti pioppi secolari (almeno credo che pioppi fossero, se ben ricordo gli insegnamenti arboricoli di mio padre).
Davvero, non sto esagerando: non ho mai visto in vita mia una roba simile, tanto che pensai: "Ma qui dove caspita sono finita? In un video-game? Forse sto sognando?" E anche qui procedevo a una velocità che sfiorava l'immobilità, e a un certo punto Silvia deve essersi pure stancata, dato che ha iniziato a dire "Ricalcolo percorso", come se avessi sbagliato strada, ma io sempre dritta andavo, che non si poteva girare nè a destra né a sinistra, che la strada una era. Insomma, la cosa mi mise addosso non poca nuova agitazione, dato che come potete constatare il periodare dei miei pensieri iniziò ad assumere una sintassi simil-sardofona.
Fortuna che anche la montagna russa finì dopo qualche chilometro e io finaalmente sbucai... in un accampamento rom! Lì davvero mi sono cacata sotto, se è lecito dirlo, e mentre con una mano continuavo  a stringere il volante in maniera convulsa, con la sinistra cercavo invano di tirare su il finestrino difettoso, mentre in cuor mio maledicevo Silvia, e mi concentravo per non investire i bimbetti seminudi che mi zompettavano intorno, nel breve spazio di manovra di una carreggiata che si era ridotta drasticamente, poichè da un lato era occupata da una fila interminabile di roulottes, dall'altro era fiancheggiata da un fossato, e io volevo piangere.
E poi, finalmente, la luce! Il colossale e mostruoso campo militare di Camp Darby si staglia nel mio orizzonte visivo, e con esso, il ritorno alla civiltà.
Non era del tutto colpa di Silvia, quella volta, quanto del fatto che il parametro del percorso selezionato era quello "breve", e lei, fattasi due calcoli in testa, nella sua ottusa testa satellitare, aveva scovato, nei meandri del reticolo stradale, quel percorso accidentato, nel senso che era costellato dagli accidenti che io le ho indirizzato in cuor mio.
Capite quindi se non ho avuto ragione stavolta a scegliere con cura il parametro del percorso da seguire.
Le opzioni sono: Breve (direi di no), Rapido, Facile, Economico.
Conoscendomi, opto per il facile, stavolta.
E andiamo...
(continua...)

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