Trenta voti per trenta franchigie: ecco il nostro pagellone universitario dopo la 13^ settimana di regular season NBA.
1. Los Angeles Lakers: difficile scegliere data l’abbondanza di 0-5 (e oltre) aperti dopo questa settimana. In casa Lakers (sullo 0-8), però, piove addirittura sul bagnato: Kobe Bryant è rimasto vittima di un infortunio alla spalla e, sebbene non siano ancora stati diramati i margini di recupero, certo è che fino alla regular season 2015-2016 non lo vedremo più in campo.
2. Philadelphia 76ers: sembravano aver trovato quel guizzo per poter provare a giocarsi qualche partita in più. Fanno tabula rasa di vittorie e tornano ad essere i cari vecchi Sixers.
3. Orlando Magic: regna il nulla attorno alla coppia Oladipo (che parteciperà allo Sprite Slam Dunk dell’ All-Star Game 2015) Vučević, che tentano invano di dare un senso alla squadra e alla loro stagione. Dopo le imprevedibili vittorie contro Chicago e Houston, ne perdono 5 nonostante si ritrovino ad affrontare New York e Indiana.
4. Sacramento Kings: anche i californiani entrano nel club delle sconfitte in serie, nonostante la settimana non agevole. Potevano fare di meglio almeno contro Brooklyn.
5. Denver Nuggets: la franchigia del Gallo è l’ultima rappresentante del quintetto, essendo autrice di uno 0-6. Incredibile come una squadra che, su un 5-0 da piena rimonta play-off NBA, riesca a rovinare tutto in una settimana e mezza.
6. New York Knicks: si scrollano di dosso uno 0-16 degno dei Sixers. Con tre vittorie consecutive. Una proprio contro Phila, le altre due contro New Orleans e Orlando. Gli amanti dei record dovranno rimandare ancora per poter vedere migliorato, o peggiorato, lo 0-26 di Philadelphia.
7. Minnesota T’Wolves: ad una sconfitta dal conquistare il pass per il party dello 0-5. Così in alto per demerito altrui, non per merito proprio.
8. Indiana Pacers: discorso capovolto per i campioni di Eastern Conference della regular season NBA 2014. Sullo 0-7 riescono a salvarsi con una vittoria su Orlando. Hanno superato i 100 punti solo una volte nelle ultime 6 uscite, proprio contro i Magic.
9. Brooklyn Nets: dopo essere riusciti a conquistare la post-season NBA nella scorsa annata, Brooklyn ha conosciuto un’involuzione incredibile inizialmente mascherata dalle realtà ancor meno felici di New York, Philadelphia, Indiana, Boston, Detroit e Charlotte. Con la ripresa delle ultime due, sono venuti a galla tutti i problemi di una franchigia in vendita che non trova acquirenti. E l’unica vera star, Joe Johnson, rischia di finire proprio agli Hornets in una trade che vedrebbe Lance Stephenson cambiare canotta per la seconda volta in sei mesi.
10. Utah Jazz: si destreggiano bene contro Milwaukee e Brooklyn, ma contro San Antonio sembra che la loro partita sia durata solo 40 minuti. Punteggio europeo quello offerto da Utah, che non raggiunge neanche quota 70. Il record negativo di punti rimane comunque saldamente in mano a Chicago, che nel 1999 si fermò a soli 49.
11. Boston Celtics: nei pluri-campioni NBA, 17 anelli nella propria storia, orfani di Green e Rondo, non mancano comunque reazioni d’orgoglio. Vincere di 68, come fece Cleveland nel 1991, o di 1, come hanno fatto due volte in due giorni i Celtics, non cambia nulla. Ed ecco che con il minimo sforzo (+1 e +1) Boston fa fuori Denver e Portland.
12. Detroit Pistons: gli infortuni di DeRozan, Durant e George stanno al calo di Portland, Oklahoma e Indiana come l’infortunio di Jennings sta al calo di Detroit. Il play col numero 7 resterà fuori per il resto della stagione e i suoi Pistons cadono di fronte a Milwaukee e Toronto.
13. Oklahoma City Thunder: vincono, convincono. Ma fino ad un certo punto. Il doppio passo falso di Phoenix sarebbe dovuto essere sfruttato diversamente. Se contro Atlanta era difficile ottenere una vittoria, contro Cleveland si poteva certamente puntare ad un risultato diverso.
14. Charlotte Hornets: lentamente risalgono la china. Il nuovo anno ha portato entusiasmo e vittorie, assieme ad un ottavo posto che tuttavia ora va consolidato e difeso da un possibile ritorno di Brooklyn o Detroit. In attesa della fumata bianca per l’arrivo di Joe Johnson.
15. Milwaukee Bucks: non ci sono dubbi che siano la vera grande sorpresa della regular season NBA. Ad ogni modo si poteva e doveva portare a casa almeno una vittoria in più, data la mediocrità di Utah o il parziale di 16-0 inflitto a San Antonio nel primo quarto. Non si può comunque rimproverare loro nulla, privi del loro astro nascente Jabari Parker dal 17 dicembre.
16. Phoenix Suns: ribaltiamo quanto detto riguardo a Oklahoma. Se i Thunder potevano recuperare, ma non l’hanno fatto, i Suns potevano allungare, ma allo stesso modo non l’hanno fatto. L’ottavo posto ad ovest si deciderà solo dopo la partita numero 82, dunque ogni occasione perduta può rivelarsi decisiva. E fatale.
17. Miami Heat: per il morale conta più una vittoria contro Chicago, che contro Charlotte. Ma per i play-off NBA era più importante eliminare una diretta concorrente come lo sono gli Hornets. Nel complesso settimana positiva: improbabile trovare il successo se Westbrook e Durant giocano come sanno, importantissimo ottenerlo contro Indiana. Tornando a Chicago, quella partita era la storia in diretta.
18. New Orleans Pelicans: per quanto faccia male perdere contro New York, sono stati in grado di dimostrare immediatamente di essere tutt’altra squadra, costringendo allo stop anche una big come Dallas. E Anthony Davis ogni notte di più dimostra di meritare il posto conquistato in quintetto per l’ All-Star Game di NYC, proprio dove ha dovuto alzare bandiera bianca.
19. Dallas Mavericks: lieve flessione dopo buone vittorie tra cui Memphis. A causa delle sconfitte contro Chicago e New Orleans cedono la quinta piazza ai Los Angeles Clippers.
20. Washington Wizards: sono secondi ad est, ma falliscono i due appuntamenti importanti della settimana. Non si rimedia a due sconfitte contro Portland e Oklahoma vincendo solamente contro Denver e Philly.
21. Cleveland Cavaliers: è sbagliato, in uno sport di squadra come il basket, affermare che un giocatore fa una squadra. Eppure è esattamente ciò che sembra stia accadendo a Cleveland. Dal rientro di LeBron James, i Cavs sono 6-0 e lo strappo decisivo contro Oklahoma, ossia il parziale di 8-2 per portarsi a +11, è firmato proprio King James.
22. San Antonio Spurs: situazione simile in quel del Texas. A San Antonio è rientrato Kawhi Leonard (MVP delle Finals NBA 2014) e con lui una ventata di freschezza. I campioni in carica viaggiano dunque su un ottimo 5-1, ma ripetere l’impresa non sarà facile.
23. Chicago Bulls: se di fronte a te Whiteside e Bosh scrivono la storia NBA, c’è poco da fare. Si comportano comunque bene contro Dallas, ma soprattutto contro San Antonio (+23).
24. Los Angeles Clippers: arrivano insieme trentesima vittoria e quinto posto in Conference. I Clippers possono contare su un Griffin finalmente a 360°, incisivo anche fuori dal pitturato. E, perché no, su un Chris Paul che eguaglia il suo attuale mentore Doc Rivers per entrare nella storia dei migliori assistman NBA.
25. Portland Trail Blazers: settimana altalenante dal punto di vista dei risultati. Sconfitti da Boston, sconfiggono Washington. Battuti da Phoenix, battono Sacramento. Periodo imprevedibile per Portland, con una sola certezza: LaMarcus Aldridge. Il lungo gioca contro i Wizards con una mano infortunata e porta a casa 26 punti e 9 rimbalzi. Chapeau.
26. Toronto Raptors: i Grizzlies di questo periodo sono insidiosi e loro lo imparano con le cattive maniere. Meritevoli tuttavia di aver posto fine all’ottimo periodo di Detroit e di aver mandato fuori giri i solidissimi Bucks.
27. Houston Rockets: inciampano sull’unico vero ostacolo, Golden State. Le altre gare sono ampiamente alla portata, soprattutto perché il Barba non dà scampo agli avversari.
28. Memphis Grizzlies: galvanizzati dalla presenza di Marc Gasol titolare all’ NBA All-Star Game, hanno ottenuto una vittoria in 6 delle ultime 7 partite, strappando (a Portland) e consolidando un ottimo secondo posto nell’agguerrita Western Conference.
29. Golden State Warriors: è 13-1 per la banda di Curry. Il 30 di Golden State delizia la platea con triple, assist e addirittura una schiacciata a due mani con un fantastico backdoor. Ma per una notte, o meglio per un quarto, è Klay Thompson a rubargli la scena.
30. Atlanta Hawks: o, come ormai si chiama la franchigia su Twitter, HaWWWWWWWWWWWWWWWWks. 16 W consecutive. 12-0 in trasferta. 11-0 contro l’ovest. 10-0 contro l’est. 7-0 in casa. Il trucco? Rinunciare ad un buon tiro, per averne uno eccellente. Con grande senso del gruppo e poco egoismo.
30 e lode. La valanga di record NBA eguagliati e superati: si parte con Brandon Jennings (Detroit), diventato il quinto giocatore della storia NBA dal 1985 (prima di allora si contavano solo i punti) a disputare una partita da 50+ punti (14 nov 2009, 55 vs Milwaukee) ed una da 20+ assist (22 gen 2015, 21 vs Orlando); segue sulla scia degli assist il numero 3 di casa Clippers, Chris Paul, divenuto il quarto giocatore NBA dal 1980 a mettere a referto 17 assist in meno di 25 minuti (come lui Kevin Porter nel 1980, Brad Davis nel 1986 e il suo attuale head coach Doc Rivers nel 1987); nella partita tra Chicago e Miami, Chris Bosh diventa il 101esimo a raggiungere quota 15’000 punti in NBA, ma questo è nulla confrontato col proprio compagno Whiteside: il centro degli Heat ha messo a segno la terza tripla-doppia più veloce di sempre (dopo Tucker, 17 minuti nel 1955, e Westbrook, 21 minuti del 2014), ma è comunque la più rapida della storia in quanto in soli 24 minuti ha portato a casa 14 punti, 13 rimbalzi e 12 stoppate (con la decima che è arrivata dopo 23 minuti); infine Klay Thompson ha registrato il record di punti in un solo quarto, ben 37, il record di triple in un solo quarto, ben 9 (su 9 tentativi), il record di percentuale da dietro l’arco con almeno 15 triple tentate, il 73%, eguagliato il record di tiri segnati in un quarto, 13 (su 13 tentativi), e raggiunto Kobe nel club dei giocatori con almeno 50 punti in meno di 32 minuti.
A settimana prossima con il pagellone universitario della regular season NBA.
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