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NBA: Pistons, molto più che lavori in corso

Creato il 19 gennaio 2013 da Basketcaffe @basketcaffe

C’è ancora tanto da fare in casa Detroit Pistons. Vista dal vivo, alla O2 Arena di Londra, in occasione della sfida con i New York Knicks in terra britannica, la squadra di coach Lawrence Frank ha mostrato parecchi limiti e soprattutto diverse mancanze, tecniche e strutturali. Premesso che il talento giovane non manca, e nemmeno una spruzzata di esperienza, ci si aspetterebbe forse di più dai ragazzi di Motown, a maggior ragione in una Eastern Conference abbastanza annacquata che, a parte Miami Heat e forse gli stessi Knicks, non vede corazzate insuperabili.
La stella è inevitabilmente Greg Monroe il pivot da Georgetown, mancino, dalla tecnica sopraffina e ottimi fondamentali. L’ex Hoyas, pur contro il migliore difensore interno della Lega, ovvero Tyson Chandler, ha fatto vedere evidenti limiti: in primis di atletismo e esplosività, poi di aggressività e fame, soprattutto quando c’è da finire nei pressi del ferro. Se è lui la pietra angolare della ricostruzione, c’è qualcosa che non va, soprattutto perchè non pare averne la personalità. Qualche guizzo in più lo ha mostrato Andre Drummond: il rookie da Connecticut è tutto da scolarizzare, per quanto riguarda i fondamentali siamo all’ABC e anche lui sembra mancare di fame quando c’è da finire al ferro (quella che ha invece un Faried per esempio…), ma è un atleta super e può essere un progetto interessante a lunga scadenza.

Deludente a Londra ma non per questo da scartare Brandon Knight, playmaker al secondo anno da Kentucky. Contro i Knicks ha iniziato male, divorato da Kidd, e non si è più ripreso, ma coach Frank gli ha affidato le chiavi della squadra e, seppur con qualche alto e basso, è in crescita costante. Ci mette impegno, grinta e una conoscenza del gioco affinata da coach Krzyzewski a Duke Kyle Singler, esterno bianco dell’Oregon al primo anno, ma con una stagione al Real Madrid alle spalle. Singler ha centimetri, personalità e tiro perimetrale ma con un ruolo indefinito: Frank lo utilizza come guardia accanto a Knight e Prince, anche perchè non pare abbastanza fisicato per giocare ’3′. Potrebbe diventare un buon cambio, nulla di più.

Purtroppo il problema del ruolo vale anche per molti altri in casa Pistons. Premesso che Jerebko e Maggette non hanno visto il campo, il secondo molto probabilmente per motivi contrattuali, ci sono i casi Will Bynum, Rodney Stuckey e Charlie Villanueva. L’ex Raptors, con tantissimi fans a Londra, paga un contratto albatros che ne inflaziona ogni volta il giudizio, ma, nonostante il fisico e i centimetri, è soltanto un tiratore, peraltro non così continuo. Soft, fin troppo, anche svogliato: talento buttato per un altro ex UConn. Stuckey doveva essere l’uomo del rebuilding, del post Billups-Hamilton, e invece sta fallendo: non un regista e con pochi centimetri e gioco perimetrale per fare la guardia. Scommessa persa, anche per gli infortuni. Chi a Londra ha brillato è Bynum. L’ex Maccabi Tel Aviv ha lanciato la rimonta ed è stato l’ultimo ad arrendersi: con le sue zingarate, le triple e la ‘garra’ si è mostrato un validissimo cambio. Anche lui non è un playmaker ma è ottimo per cambiare ritmo uscendo dal pino.

Tayshaun Prince e Jason Maxiell sono gli uomini di esperienza, quelli che dovrebbero dare leadership e fungere da guide. Certamente sono uomini indispensabili per lo spogliatoio, uno oro olimpico a Pechino, entrambi campioni Nba e cresciuti all’ombra degli Wallace, di Billups e di Hamilton. Ma non hanno il talento per essere qualcosa in più di giocatori di sistema, di complemento: i destini dei Pistons passano da Monroe, Drummond e Knight. Quello che manca a questi Pistons sono un paio di tiratori perimetrali, che siano minacce vere dall’arco: in particolare manca una shooting guard pura da quintetto. Il GM Dumars non pare avere fretta ma per Detroit il futuro è sempre più vicino.


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