Indosso una maglietta verde con una scritta gialla con tanto di stella, recita “CCCP”. E’ domenica 3 ottobre, la cara e attesa giornata del Signore e bisogna mettersi qualcosa di adatto per l’occasione. Scendiamo tardissimo da casa, perchè ieri era sabato, o meglio il giorno degli eccessi, e se non si fanno le quattro può sembrare strano. Scendiamo, sperando di unirci a gruppi di persone di un certo tipo, non so, anarchici, laici, chiunque provi fastidio nei confronti della Chiesa e lo dia a vedere.
Bene, anzi, male.
E’ così tutto sbarrato che non puoi che accettare di stare dove puoi, dietro transenne, con tanta gente alle calcagna. Un fotografo, con al polso un bracciale composto da tasselli di legno sui quali è attaccata la faccina di Padre Pio, ci fa capire che ci siamo posizionati davvero bene, mentre spinge, calpesta e cerca di trovare il varco migliore dove mettersi. Accanto, bambini con I-phone e simili iniziano a preparare gli obbiettivi, di fronte le forze dell’ordine, conciate in maniera elegante, si rapportano col popolo, che vuole oltrepassare le barricate, che inventa scuse, pur di poter osservare meglio l’amato (?) Santo Padre. Siamo in prima fila, che emozione, l’uomo in bianco, viene a Palermo, viene per noi, mandato per lanciare messaggi di gioia, speranza, per scacciare la mafia, o, chissà, la munnizza!
Vedo auto mai viste, dalla carrozzeria opaca, uomini ben vestiti, con occhiali da sole scurissimi, cravatte, gel. Il marciapiedi è così piccolo in queste antiche vie del centro che penso che non tutti potranno avere la fortuna che abbiamo noi, giunti così tardi e stranamente in prima fila.
I telefoni non funzionano più e non si riesce a sentire chi per l’occasione era andato al Foro Italico. Ad un certo punto, un boato si erge dal fondo di Via Vittorio Emanuele, bandierine bianche e gialle sventolano, la gente alza le braccia, batte le mani, saluta, urla qualcosa, tra il caos generale s’intravede il macchinino bianco, e dentro lui, il Papa, sguardo assente, per niente rivolto al pubblico. Stranamente ci fa quasi simpatia, sarà l’aria da nonnino vecchietto e tenero, sarà il lato migliore, quello sinistro. É stato tutto così veloce ed improvviso e immagino quanti flash si siano illuminati in quel preciso istante.
Andiamo via, le transenne vengono aperte e ci dirigiamo dai nostri amici finalmente sentiti al cellulare, scendendo a piedi e in contro senso rispetto a tutta la gente, che pare voglia ancora fare compagnia al Papa.
Preti e suore di tutti i tipi, gli immancabili boyscout, altri gruppetti non identificati con chitarrina alla mano, sorrisi sulle facce barbute, intonano canzoncine tipo “grazie signore grazie”. Sembrano tutti contenti. L’idolo è qui. Hanno le loro ragioni. Anche i venditori di bandierine gialle e bianche hanno le loro ragioni. Un euro ciascuna.
Mentre noi siamo riposanti davanti il Massimo, un ragazzo scrutandomi e indicando la mia maglietta mi dice:
“Sai cosa vuol dire?”
io: “Si, ma è anche il nome di un gruppo punk tanto famoso”
lui: “Ma sei di Palermo? Perchè sei qui?”
io: “ma perchè tutte queste domande, che vuoi?”
Il ragazzo improvvisamente va via. Bah!
Dopo una pausa a casa mia all’insegna di una peccaminosa pasta al forno e una frittata di broccoli, giornale aperto, Nick Cave e Neil Young in sottofondo, ci dirigiamo di nuovo alla Cattedrale, magari per fare qualche foto, per incontrare qualcuno con cui ridere un po’ del momento, o soltanto per cercare testimonianze. Diciamo la verità, vedere tanto delirio, tanto impegno, qualche risatina viene fuori, no? Sulla Cattedrale sono appostati cecchini, uomini con i fucili tra le mani, dalle finestre del liceo classico ci sono ulteriori controlli, e il cielo è percorso da elicotteri frequenti. Un frastuono assordante assieme al sole pungente delle cinque del pomeriggio, rendono ancora più fastidioso il pomeriggio, mentre la pasta al forno non è stata digerita e si cerca di trovare la stradella migliore per vedere qualcosa. Trovatala, corriamo prima che il canuto si affacci dal palazzo arcivescovile. Forse si è già fatto vedere il nostro, o forse no, tanto che ad un certo punto altrettanto caotico, riverberano degli applausi, provenienti dalle “interiora” della Cattedrale, poi dei cori; diciamo che sfioro l’attacco di panico. Inizia a parlare il papa, dicendo qualcosa di generico sulla mafia, tossisce spesso, delle signore fanno battute, altri si lamentano. Dai, non siamo soli. Riusciamo a sentire il famoso “ciovani”.
Più tardi il Papa esce, prende la macchinina e va via, questa volta ci benedice col profilo destro, ci fa quasi paura per la veneranda età espressa dal lato sbagliato del suo viso, la bocca corrugata, tutte quelle rughe. Il popolo saluta, festeggia, e bla bla bla. Ai nostri amici si scarica la macchina fotografica e la foto viene totalmente bianca. Eh! Non si deve scherzare con il Papa. Bisogna essere devoti, cari miei.
Totalmente presi dalla folle avventura di questa domenica ci dirigiamo al Politeama, dove la superstar del giorno intratterrà per l’ultima volta i palermitani. Prendiamo scorciatoie ma ci rendiamo subito conto che non ce la possiamo fare contro le corse intraviste in via Ruggero Settimo, abbiamo paura di rimanere imbottigliati. Effettivamente l’organizzazione nel pieno centro di Palermo non è stata tra le migliori. Il palco “messo di culo” ad una delle strade più percorse dalla gente, il maxischermo alla Vasco, posizionato a fianco al palco, e l’inesistenza di casse audio, non hanno permesso di apprezzare il discorso del tedesco. Stanchi come non mai, e pentiti di aver fatto tante bile per vederlo torniamo a casa, assieme a tanta altra gente che non intende proprio rimanere bloccata davanti a così tanto rumore e tanto caos.
Silenzi irreali, ordine irreale in mezzo a tutto questo. Perchè la realtà, quella vera, l’hanno voluta ricoprire di passerelle, di controlli a tappeto, di manifesti imbiancati, di strade pulite e senza buche. Mentre c’era qualcuno che era contrario, i potenti hanno voluto che si zittisse. Come se la costituzione non esistesse. Miracoli di una giornata devota, ai padroni.