I due contendenti della poltrona più potente del mondo, nell’ultimo confronto tenutosi per le presidenziali, sono finiti in sostanziale parità. È inutile sottolinearvi l’eleganza e la compostezza che entrambi hanno utilizzato per sfidarsi e affondarsi a vicenda. La cultura democratica non è acqua e nel dibattito non è emerso neanche un “affondo” che mirasse a screditare l’avversario sul piano personale, quanto invece su quello politico.
Ma non è tanto la forma quello che mi interessa evidenziare. Obama e Romney non sono degli sprovveduti e sanno perfettamente quali sono i tasti da premere quando c’è un confronto simile. A me interessa il contenuto. E ieri si è parlato soprattutto di politica estera americana. Di guerra, di Iran, Cina e delle tensioni mediorientali. Su queste problematiche è emersa chiaramente una divergenza di fondo tra Obama e Romney, e cioè, tra una certa cautela circa il ruolo degli USA nella regione asiatica e un decisivo appoggio a Israele nell’affrontare il nucleare iraniano.
Ma l’aspetto impressionante è un altro. I due contendenti non hanno parlato dell’Europa, quasi non esistesse. Quasi fosse un paese lontano, insignificante nella geopolitica internazionale. Neanche un accenno all’UE e al suo ruolo nel mondo e soprattutto nel Mediterraneo. Il che suggerisce che i due candidati non considerano l’Europa un fattore determinante, vista l’intrinseca debolezza (se non proprio l’assenza) di una politica europea unitaria e forte. Hanno semmai parlato della Russia, e qui è cascato l’asino quando Obama ha rinfacciato al candidato repubblicano che egli considera la Russia “la più seria minaccia geopolitica“.
Ma davvero? E la Cina? Ci pensa il dibattito a rivelarlo. La Cina può essere un partner. E questa è una considerazione sia di Obama che di Romney. I due ritengono la Cina un avversario economico, ma allo stesso tempo un potenziale alleato, se giocasse secondo le regole. Ma è chiaro che queste sono dichiarazioni di “comodo”. La Cina è uno dei più importanti creditori degli USA e i candidati alle presidenziali non potevano certo affondare contro i cinesi, più di quanto abbiano affondato contro i russi, poveretti loro, semmai debitori degli USA.
Dicevo che il duello è finito in sostanziale parità, ma è fondamentale sottolineare (ancora una volta) che il confronto ha affrontato le grandi problematiche di politica estera, ignorando il ruolo dell’Europa. Bruxelles, Roma, Parigi, Berlino, Madrid e Londra, dovrebbero interrogarsi su questo non certo piccolo dettaglio, e domandarsi il perché gli americani fanno i conti senza l’oste. Forse perché l’oste è ubriaco ed è inetto?
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