Molte di noi hanno il compito, continuativo o meno, di accompagnare i nipotini in palestra, piscina e altri luoghi in cui svolgono le loro attività sportive. Tra le varie “cure” cui, di nostra iniziativa o per necessità ci dedichiamo, questa va considerata con particolare favore. C’è infatti assoluta concordia, tra gli esperti, sugli effetti benefici che ne derivano.
Cito qualche parevole autorevole (.ansa.it/saluteebenessere/notizie/rubriche/salute_bambini/medicina/2014/02/19/sport-fa-bene-fin-bambini): “un’attività fisica regolare in età pediatrica, anche nei soggetti affetti da Malattie Respiratorie Croniche – sottolinea Susanna Esposito, Direttore dell’Unità di Pediatria ad Alta Intensità di Cura, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Università degli Studi di Milano e Presidente della Società Italiana di Infettivologia Pediatrica (SITIP) – è un’importante forma di prevenzione dell’obesità che contribuisce, attraverso un aumento del dispendio energetico, a ridurre la massa grassa e ad aumentare quella magra, ed è uno strumento fondamentale per un corretto sviluppo osseo”.
Ottimo, ma quale attività scegliere per i nostri piccoli? Un errore piuttosto comune di proporre (alla peggio:imporre) quella prediletta e praticata in famiglia da genitori, fratelli (e magari anche nonni!). Invece: “non esiste un’attività sportiva ideale in assoluto – avverte Susanna Esposito – l’importante è che sia il bambino e non il genitore a sceglierla, che sia divertente, preferibilmente all’aria aperta o in un ambiente ben areato e soprattutto che sia varia e che permetta uno sviluppo armonico delle varie capacità motorie del bambino”.
Naturalmente occorre che sia calibrata rispetto alla fascia d’età. Gli sport organizzati cominciano ad andar bene dopo i sei anni e, a partire dai dieci, i pediatri consigliano di porre l’attenzione sullo sviluppo di capacità motorie, su tattiche e strategie, attraverso sport complessi che mirino allo sviluppo della massa muscolare.
E, a proposito di tattiche e strategie, è pessima cosa -aggiungo di mio – che gli adulti di famiglia gravino sui piccoli con la loro smania agonistica. Spettacolo miserrimo quello del genitore smaniante a bordo campo o, peggio, (pseudo) allenatore iroso del figliolo un po’ imbranato. Atteggiamenti del genere vanificano gli scopi dell’attività stessa e ne annullano gli effetti.
Infatti “l’attività fisica regolare produce, inoltre, rilevanti benefici psicologici: lo sport permette di acquisire una buona capacità di adattarsi ed è una valida arma contro l’ansia e la depressione, la soddisfazione, poi, di imparare sempre nuovi esercizi permette di aumentare l’autostima” Autostima al contrario gravemente intaccata dall’ansia di prestazione dell’adulto invadente.
E non è finita qui: “gli sport di squadra migliorano le capacità sociali attraverso la cooperazione con altri bambini e le capacità cognitive attraverso l’esplorazione dell’ambiente e l’acquisizione di nuove esperienze”. Sempre che, insisto, il genitore o chi per lui si guardi bene dall’interferire nelle dinamiche del gruppo.
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