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Noah: non solo tennis fantasia (By Spartaco)

Creato il 19 maggio 2013 da Simo785

Yannick Noah è uno dei protagonisti del tennis degli anni '80, un gigante di 194 cm, ma definirlo tennista è riduttivo. Nasce a Sedan il 18 maggio 1960 e, una volta "appesa la racchetta al chiodo", si dedica all'altra sua passione, la musica, incide brani di successo, ma è anche psicologo sportivo. Ha aiutato la campionessa Amélie Mauresmo ad affrontare le sue tensioni legate all'agonismo e la nazionale di calcio del Camerun.Lo sport sembra essere un connotato fondamentale della famiglia Noah, il padre di Yannick era calciatore, il figlio ora gioca nella NBA. I suoi genitori si trasferiscono in Africa, il padre lo cresce a "pane e sport", ma alla fine prevarrà l'amore della madre per il tennis. Da subito il piccolo Yannick si distingue in Camerun, Paese natale del padre, per le doti atletiche, la federazione francese non si lascia scappare il promettente talento e, a 11 anni, lo porta in Europa per affinare le sue capacità di gioco.Il primo spartiacque nella vita agonistica di Noah è Wimbledon 1977. Sul prato inglese ripaga la federazione transalpina della fiducia accordatagli e batte uno dopo l'altro tutti i suoi avversari nella categoria juniores.L'anno dopo a Manila vince il primo torneo da professionista, la Francia sembra aver trovato la sua nuova stella. Dal 1978 al 1983 vince 13 titoli, ma nessuno di questi è uno di quelli che conta, uno del grande slam. Sembra quasi che Noah sia una mezza promessa mantenuta, un buon tennista, ma non uno di quelli che entrerà nella storia del tennis, in grado di fare la differenza. Nel 1983 però, riesce a cambiare il corso della sua carriera, in patria al Roland Garros. A Parigi è dal 1946 che un francese non vince. Nei primi 4 turni il tennista di colore, uno dei pochi tra l'altro, batte facilmente i suoi opponenti, non certo il gotha del tennis, ma fa ben sperare ai Francesi che il giovane atleta non abbia perso neppure un set. Ai quarti affronta Lendl, numero 3 del ranking, ma Noah lo regola senza problemi, il pubblico di casa è sempre più convinto dal gioco del suo beniamino, gli spettatori sembrano essere ultras ad uno stadio di calcio per i cori e il baccano che fanno, sembra di essere al San Paolo a vedere Maradona. Il numero 1 dell'ATP Connors perde contro Vasselin, che però viene abbattuto dalle bordate di Noah in semifinale, il ritmo che imprime al gioco è asfissiante, il giovane transalpino batte Vasselin addirittura più facilmente di Lendl. In finale affronta Wilander, tennista svedese che già l'anno prima aveva vinto al Roland Garros. Gli svedesi da anni sono i padroni del tennis, ma questa volta i parigini sembrano aver trovato l'uomo del riscatto. Al momento dell'ingresso in campo infiamma il pubblico già solo per l'abbigliamento garibaldino: pantaloncini bianchi, casacca rossa e fascia a reggere i dread. Solo Panatta tra i tennisti dell'epoca indossò la maglietta rossa, "sfidando una dittatura", ma è un'altra storia. Per la cronaca la partita finisce con un secco 6-2, 7-5, 7-6 per il campione francese. Il 5 giugno 1983 è la giornata più importante della sua carriera da tennista, anche se dopo di allora conquista altri 25 titoli, ma nessuno in grado di eguagliare la vittoria di Parigi. L'anno dopo si ripete al Roland Garros, ma nel doppio. Con il suo compagno Leconte trionfa anche a Roma. Si ritira nel 1990, ma non abbandona del tutto i campi perché allena la nazionale femminile francese. L'anno dopo nel 1991 guida la nazionale maschile e vince la coppa Davis, bisserà nuovamente nel 1996, ai danni della Svezia. Nel 2005 riesce a portare nella bacheca della nazionale femminile la prima Federetion Cup.Oltre al look stravagante e ovviamente i trionfi, Noah diventò famoso per il "colpo Noah": quando era superato da un lob, invece di rincorrere e superare la pallina, Noah la colpiva sotto le gambe, spalle all'avversario. Molti si affibbiarono la paternità di questo gesto tecnico, ma solo Noah lo faceva con tale naturalezza e così spesso. L'eroe di Parigi non ha perso il temperamento che aveva da giovane e, intervistato sul tennis moderno, ha detto di non divertirsi più e ha richiamato i tennisti che rappresentano la Francia ora ad avere, come lui, "l'occhio della tigre", li ha accusati di essere un po' troppo compassati. Certo questa dichiarazione non deve impressionare se rapportata alla recente: "Non posso compararmi a questi ragazzi, non facciamo nemmeno lo stesso sport. Se giocassi contro Djokovic il mio miglior tennis di trent'anni fa, con le racchette dell'epoca, lo batterei agevolmente 6-0 6-0 6-0. Il tennis di oggi non mi piace, non mi apporta le stesse emozioni che avevo quando a scendere in campo ero io..". Difficilmente si possono pensare sfide del genere, bisognerebbe avere il simulatore dell'ultimo Rocky con un software per il tennis, chissà in futuro, magari. La sola cosa che possiamo dire è che sicuramente Noah non aveva una tecnica sopraffina, né tantomeno un'invidiabile risposta alla battuta, ma puntava molto sulle cannonate che sparava al servizio e la corsa, la "fame" di vittoria. Interpreti come Noah mancano al mondo del tennis e, più in generale, dello sport di oggi. Avere persone schiette in un mondo patinato come quello del tennis è un piacere, anche per i cronisti che hanno avuto modo di scrivere di svariati argomenti con l'ex tennista: le scuse fatte dall'arbitro, poi citato in giudizio da Noah che lo accusò di essersi dopato nel 1983, la pretesa delle scuse pubbliche per gli insulti ricevuti dall'avversario, l'israeliano Amos Mansdorf, o quando parlò di doping nello sport spagnolo...Ringrazierei Noah per i suoi colpi mai banali, sempre ricercati e tirati al limite, per la sua franchezza e il suo scoprirsi abile anche in attività così diverse dal tennis. Un elogio alla vita, uno spirito di adattamento che spesso manca ai grandi dello sport e, soprattutto, un campione fuori dal campo anche per i fondi che raccoglie con la sua associazione in favore dei bambini più poveri.


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