Non nascondo la mia propensione verso un pensiero critico della riforma per cui i miei riferimenti al momento sono l'analisi fatta da Luciano Gallino, quella di Tito Boeri e Pietro Garibaldi o i numerosi interventi di keynesblog e in particolare questo articolo.
Tuttavia, data la complessità della materia, mi è rimasto sempre il dubbio che ci fosse qualcosa di buono nella riforma, suvvia, una riforma così complessa non può essere solo negativa. Naturalmente mi riferisco agli aspetti relativi alla precarietà. Ci ha pensato oggi il ministro Fornero in persona a sciogliere ogni residuo di dubbio quando rivolgendosi agli imprenditori ha dichiarato: "Non mi aspetto certo licenziamenti di massa, come effetto della nostra riforma. Purtroppo mi aspetto i licenziamenti legati alla recessione, che già c'erano prima e che continueranno ad esserci, perché la crisi non è affatto finita. Ma proprio per questo rinnovo l'appello ai nostri imprenditori: non abusate della buona flessibilità che la riforma introduce. Sarebbe il modo più irresponsabile di farla fallire." (Da la Repubblica).
Non abusate della flessibilità! A chi crede di rivolgersi il ministro del lavoro Elsa Fornero? Ad una platea di Adriano Olivetti? Dove è stata negli ultimi 20 anni? Ha mai visto le schiere di "consulenti" lavorare dalle 8.00 alle 18.00 per un unico datore di lavoro, magari una bella multinazionale o un istituto di ricerca? Ha mai frequentato posti dove al "professionista" vengono presentate perizie non ancora scritte da firmare? Questo per quanto riguarda i lavoratori cosiddetti privilegiati, quelli con un livello di istruzione alto, e per gli altri? Quante fabbriche ha frequentato il ministro Fornero? Ha mai conosciuto nessuno a cui sia stato richiesto di rinnovare le etichette dei prodotti alimentari scaduti con una data successiva? e via e via e via, in questo campo tocca parlare con un numero enorme di lavoratori non con gli imprenditori, forse non basta parlare neanche con i sindacalisti.
Come può pensare il ministro Fornero che l'attuale classe imprenditoriale non abuserà della flessibilità? E ad ogni modo se l'appello è rivolto agli imprenditori diventa più che evidente, se non bastasse quanto già sappiamo, che la riforma introduce uno squilibrio nelle forze contrattuali a tutto vantaggio del datore di lavoro. Che senso ha ridurre le numerose forme di flessibilità se poi se ne propone una sola di cui si può abusare? Sembra proprio che lo slogan dell'equità abbia fatto il suo tempo, ormai è scaduta persino la sua invocazione!
Sarebbe stato curioso un appello ai lavoratori precari, o è meglio flessibili?, che suonasse così: "Lavoratori non abusate della flessibilità in entrata e se prendete un impegno con un imprenditore non lasciatelo solo perché avete trovato un'offerta di lavoro più vantaggiosa!"
Già perché la flessibilità di cui parla il ministro Fornero "in una prospettiva di crescita", posso anche sforzarmi di capirla quando c'è un sistema paese che ruota intorno al perno centrale del lavoro ed il lavoratore viene sempre e comunque informato delle aree in cui è richiesta la sua attività, lo capisco in un paese dove la classe imprenditoriale si organizza in distretti industriali in cui i lavoratori che perdono il lavoro in un'azienda lo trovano in un'altra dopo un breve tempo di formazione. E' questo il caso dell'Italia?
Non mi sembra proprio. Questo è un paese in cui non esiste un censimento organico delle attività industriali, neanche a livello di organismi statali, figuriamoci se si può immaginare una rete di relazioni che supporti la mobilità del lavoro. Allora senza la realizzazione di un sistema produttivo di questo tipo quali saranno gli esiti della "buona flessibilità"?
Riguardo poi all'art. 18, non vorrei sembrare duro di comprendonio ma io sono un tecnico e i tecnici vanno matti per i grafici e quando qualcuno dice che il mercato del lavoro italiano (già chiamarlo mercato mi fa girare le scatole!) è rigido e che gli investimenti esteri non vengono in Italia per la rigidità di questo benedetto mercato penso a questo grafico:
Clicca sul grafico per ingrandire, fonte La Stampa 17 marzo, da keynesblog.
Ora se la Germania ha un sistema di protezione dei lavoratori di gran lunga più "rigido" del nostro e ci piace tanto il modello tedesco (dove i lavoratori guadagnano 2 volte e mezzo quello che si guadagna in Italia, sia detto tra parentesi) allora significa che in Germania c'è qualcosa che non c'è in Italia o che in Germania non c'è qualcosa che c'è in Italia. Io indagherei in quella galassia di fenomeni che Norberto Bobbio chiamava "potere invisibile". In questo potere invisibile ci possiamo mettere dentro le varie mafie, camorre e ndranghete? E' vero che abbiamo avuto "politici" italiani che hanno detto che bisogna convivere con queste cose ma gli investitori esteri qualche problema continuano a farselo! Poi vogliamo parlare delle difficoltà burocratiche che un investitore deve affrontare per aprire una attività? E non mi riferisco all'art. 41 della Costituzione che considero sacrosanto e qualche deficiente tempo fa ha proposto di modificarlo! Vogliamo parlare dell'impegno profuso a destra e manca per far inceppare la macchina della giustizia in casi di contenziosi? Queste sono cose che gli investitori esteri considerano!
Vabbè, chiudiamola qui, s'è fatto tardi. Lo dicevo io che la faccenda era delicata. Sono partito che volevo scrivere due righe! Due righe e una foto, questa: