Anna Lombroso per il Simplicissimus
“E` inevitabile e del tutto logico che chi ha dato il suo contributo per la tenuta del Governo abbia in esso una rappresentanza”, serenamente grandioso Cicchetto parla della doverosa ricompensa ai responsabili. E il premier, sempre a proposito del lauto pour boire: ne faremo altri 10, è la possibilità per tanti che ritengono di dare un contributo di avere soddisfazione delle legittime aspirazioni”.
Tempo fa mi chiedevo per quale aberrazione l’idealtipo degli italiani o peggio il loro tipo ideale e “rappresentativo” potesse essere un uomo brutto, ritinto e liftato, brutale, volgare e ignorante, affetto da psicopatologie e compulsioni ripugnanti e incline a crimini particolarmente odiosi, frequentatore di pessime compagnie in patria e fuori.
Idealtipi, secondo Weber sono delle costruzioni di pensiero dei quali ci si può servire per generalizzare dei fenomeni, astrazioni attraverso cui è possibile condurre l’infinità varietà della realtà a insiemi di categorie semplificate e utilizzabili anche da estranei all’indagine sociologica. Così cene serviamo anche noi gente semplice per identificare in un soggetto “visibile” che diventa esemplare, tratti comuni interpretino una media comune e generale per non dire mediocre, un archetipo se non uno stereotipo.
Ma forse invece vale la pena di ribaltare l’interrogativo e chiedersi quale sia l’idealtipo degli italiani nell’interpretazione della classe dirigente al governo. Del quale i dinamici movimentisti che passano da una formazione all’altra con attivismo da cutrettole devono essere esemplari e simboliche rappresentanti non solo in Parlamento.
A grandi linee gli italiani secondo il premier e i suoi camerieri devono essere creature mediocri fino alla spregevolezza, del tutto privi di qualsiasi principio e valore morale, sottoposti a un processo di infantilizzazione si accontentano di balocchi, giochi e spettacoli di bassa fattura. Inclini a vendersi, mostrano una certa tenacia solo nell’esigere la mancia promessa. Babbei più che creduloni, si sono fatti facilmente persuadere che il futuro stesse dentro alle scatole in palio in tv, che se si è poveri si svolta la vita sposando un Barilla o un Benetton, che il nucleare è sicuro, che l’Aquila è risorta, che Berlusconi guarisce dal cancro e i capelli che inalbera in testa sono suoi, che l’acqua privata è pura come il suo amore per Ruby, che i giudici sono tutti comunisti, che la costituzione è una galera e anche la democrazia, perché è difficile quindi se gliela consegniamo ci pensa lui.
E che il lavoro, la dignità e forse anche l’Italia sono come la Fiat, o ubbidiscono alla sue regole oppure le porta a Detroit o a Antigua o chissà.
Il premier e i suoi sono così adusi alla mistificazione da trasformare l’abitudine alla menzogna in mitomania. Finiscono per credere ai loro stessi inganni o forse pensano che così sono più convincenti. Tanto che vogliono spacciare ai loro occhi e ai nostri questo esercizio sfrontato dei corruzione come una pratica democratica.
È singolare che chi esercita funzioni politiche oggi abbia a cuore il qualificarsi democratico a costo di mistificazioni, violenze semantiche e concettuali. E che tenga alla rispettabilità: hanno creato un sistema nel quale il denaro è la misura di tutte le cose tutto è potenzialmente in vendita al migliore offerente compresa la politica e la democrazia. La loro potenza determinata dai soldi si è resa perfino immateriale, incorporea, mistica, attraverso lo spostamento di quote che creano ricchezze e miserie e stravolgono valori morali, principi, convinzioni. Hanno trasformato una democrazia in divenire in una sistema fondato sulla massificazione, sulla mediocrità, sull’edonismo, sul materialismo, sull’arbitrio e sulla sopraffazione del numero senza qualità. Eppure in patria e nel consesso dgli stati civili si vogliono presentare col passaporto, lo shibboleth, ad attestazione della loro rispettabilità, del rispetto delle regole, magari solo di quelle elettorali.
Ci disprezzano ma non si accontentano di comprarci, vogliono che li consideriamo, che ci affidiamo, che crediamo alle loro bugie. Come primo gesto diamogli corda e in una vicina domenica cominciamo col rispondergli si si si.