“Non posso vivere. Per sopravvivere faccio markette”.
Questo è quello che ci è arrivato dopo il nostro post sul precariato.
Ci scrive una ragazza di 30 anni, ci scrive una fetta della nostra Italia, ci scrive un pezzo rovinato della nostra gioventù.
IBD
“Ho letto il vostro articolo dopo che avevo fatto una ricerca di moda, pensate un po’. Sentire le parole sul precariato mi hanno fatto scrivere questa mail. Ho 30 anni, vivo a Torino da sola, sono laureata in scienze della comunicazione con il massimo dei voti. Sembrerà strano, ma non ho un lavoro. Quello che ho ottenuto dalla mia laurea sono stati soltanto dei “Vedremo. Dopo lo stage l’assumeremo. Vediamo come va in questi tre mesi gratis” e dopo di questi soltanto il nulla, neanche un grazie, neanche una stretta di mano.
Inutilmente ho continuato a fare stage. Inutilmente ho continuato a pensare che con una laurea e i miei voti potevo trovare un lavoro. Mi sono ritrovata a fare fotocopie, dare volantini, fare la cameriera. Poi disoccupata. Per tanto. Per troppo.
I soldi messi da parte se ne andavano, i miei non ci sono. Nel senso che per loro non esisto da parecchio tempo. Un giorno a un colloquio per fare la segretaria una delle ragazze ha detto che forse era meglio fare l’escort.
Ci ho riso su. Poi ho cominciato a pensarci. Non sono né bellissima, né bruttissima. Scadeva l’affitto. Il cibo finiva. Ho messo l’annuncio on line dopo aver comprato una scheda.
Ho cominciato e non ancora finito. Non posso vivere con un lavoro normale, anche se spedisco ancora cv, per sopravvivere faccio markette. Quel tanto che basta per garantirmi i pagamenti delle spese e il cibo di ogni giorno. E poi sento Brunetta. E poi sento quello che si dice sui precari. Siamo gente che non ce la fa più e che avete portato ad essere disperata.
E’ uno sfogo che vi invio e se volete pubblicatelo pure, mi farete solo piacere.
Grazie
M-----“