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Non spiegare ma scegliere le giuste parole

Da Marcofre

Un argomento che spesso attira l’interesse di molti, è quello che indaga su come nascono le storie. E quindi sul ruolo di chi scrive. Insomma: questo essere bipede che siede davanti a una tastiera e pesta le dita su dei tasti, cos’è?

È un abile “notaio” che mette assieme elementi che già esistono? Una sorta di investigatore che assembla i pezzi del puzzle che gli altri non vogliono (o non possono) vedere?

Oppure, non fa altro che prendere frammenti della sua vita, riscriverli e infine condividerli coi lettori?

Entrambe le cose? O c’è dell’altro ancora? E il ruolo del talento in tutta questa girandola di ipotesi, che ruolo ha? E se fosse sopravvalutato? O sottovalutato?

È una questione probabilmente importante ma che alla fine può interessare soprattutto chi guarda, osserva. Chi scrive non se ne interessa più di tanto perché ha cose più importanti da fare. Lavorare per esempio, e strappare un’ora al lavoro proprio per scrivere.

Piaccia o no, ci sono un discreto numero di cose che resteranno avvolte nel mistero. Per questa ragione, non cadrei dalle scale se prima o poi qualcuno balzasse in piedi e affermasse che certa narrativa è in qualche maniera imparentata con la superstizione, e sarebbe bene evitarla; meglio ancora proibirla.

Sia per questa sua strana natura che pare avvolta nel mistero.

Sia perché invece di chiarire e svelare, pare dissotterrare elementi del tutto inutili al trionfo del buonsenso e della logica. Elementi che non sono altro che bastoni infilati colpevolmente nelle ruote del progresso. E che mettono in discussione la stessa idea di progresso.

È importante però avere una pallida idea della posta in gioco. Come ripeto spesso: ciascuno faccia le sue scelte. Sì certo, sbaglio tutto e queste sono questioni di lana caprina.

Però c’è un’idea che non mi tolgo dalla testa. Le grotte di Altamira, in Spagna. I dipinti furono creati tra i 35.000 e i 25.000 anni fa. Per dipingerli, era necessario che qualcuno facesse luce, perché naturalmente non c’era alcuna forma di illuminazione, a parte il fuoco. E fuori non c’era la terra dove scorreva il latte e il miele: si moriva per niente.

Eppure, quegli uomini e quelle donne, dovevano dipingere quegli animali.

Dovevano. Non facevano niente di utile. Celebravano il mistero e basta. Probabilmente il progresso non è spiegare, ma scegliere le giuste parole per decretarne la presenza qui, ora.

 


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