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Il prete denuncia la Curia
di Stefano Lorenzetto
Prima ha scritto al Papa, dandogli del tu. Voleva che gli restituisse le copie di un suo libro, sequestrate per ordine del vescovo. Ma siccome Sua Santita' non gli ha risposto, ha deciso di rivolgersi a un' autorita' piu' terrena, la magistratura italiana. Non si puo' dire che la prudenza curiale faccia parte del corredo genetico di don Carlo Facchin, 70 anni, salesiano di origine padovana, abitante a Verona, dove fino a pochi anni fa insegnava. Ci sono voluti 406 anni perche' un papa, Paolo VI, abolisse nel '65 l'Indice delle opere contrarie alla fede e alla morale cattolica. Ma per il prete l'anatema letterario e' stato inesorabile. La vicenda ha inizio nel ' 90, quando don Facchin firma un contratto con Pierantonio Marchetti, dell' editrice Sat Verona, per tre quarti di proprieta' della Curia. Paga 10 milioni perche' venga dato alle stampe un libro intitolato "A proposito dell' immoralita' ". Sottotitolo: "Dissenso e democrazia nello Stato e nella Chiesa". Non e' il primo che scrive. Ma diventa subito l' ultimo. Il 2 gennaio '91 riceve una lettera: il vescovo ausiliare e vicario generale della diocesi, monsignor Andrea Veggio, gli ordina "formalmente di ritirare, entro 10 giorni, la pubblicazione da tutte le librerie cittadine e dall' editrice Sat e di portarla in Curia". Il presule, inoltre, "chiede all' autore di rivedere le sue idee e di ritornare figlio obbediente della Chiesa, madre e maestra". Che cosa ci sara' di tanto scandaloso in quelle pagine? Don Facchin non riesce a spiegarselo. La risposta non tarda ad arrivargli, sempre dalla Curia, sotto forma di giudizio anonimo: "Il piu' grande guaio del libro e' il concetto fondamentalmente protestantico di Chiesa. Inneggia alla parita' assoluta fra chierici e laici, in nome di una rivendicazione "socialista" che pone la democrazia alla vetta della scala dei valori. Non trova alcun elemento positivo nell' educazione seminaristica. Non capisce la morale sessuale. Non capisce la dottrina della Chiesa in campo politico". E via bacchettando. Conclusione dello sconosciuto inquisitore: "Mi auguro che il confratello non abbia diffuso tali idee a scuola e spero che la stampa anticlericale non abbia mai in mano il volume". Don Facchin si inchina. La Sat ritira le 2.060 copie giacenti e le deposita in Curia. Ma l'autore invia nel contempo una bella letterina all' editore Marchetti: "Come credenti era giusto obbedire ai nostri superiori. Ora veda di non comportarsi, come cittadino, da persona dimezzata. In base al Vangelo ("l' operaio ha diritto alla sua mercede") e alle leggi sul lavoro, devo esigere il pagamento delle duemila copie vendute alla Curia: a 20 mila lire l'una, fanno 40 milioni". Figurarsi se il vescovo ausiliare accetta di sborsare la somma. Anzi, il prete viene espulso dalla diocesi con la formula del "recusetur". E da Roma il superiore dei salesiani minaccia di sospenderlo "a divinis". Lui non demorde. E si rivolge al Papa: "Amato fratello, ti invio questo mio scritto mediante il servizio Postacelere...". Silenzio anche dal Vaticano, come previsto dall' autore: "Se non mi giungesse risposta, vorra' dire che non ti e' stato consegnato, benche' fosse contrassegnato all' esterno col termine "personale". A don Facchin non resta che recarsi in questura e sporgere denuncia: "Chiedo che si proceda contro i responsabili. Per due anni si sono presi gioco di me. Chiedo inoltre la restituzione delle copie del libro e anche il pagamento dei danni arrecati per il perdurare del sequestro". Il volume e' gia' sul tavolo del procuratore capo Stefano Dragone. Lo Stato che difende un prete dalla Chiesa.
(tratto dal Corriere della Sera del 16 settembre 1992)
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