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Creato il 14 febbraio 2014 da ZioscribaI preparativi per il matrimonio si stavano rivelando più stressanti del previsto. Chi gliel’aveva fatto fare, dopo tre anni di consolidata convivenza? Il solito ricatto degli aspiranti suoceri. I genitori di lui li avrebbero fatti uscire da quel buco di merda, regalandogli la villetta con piscina e angolo barbecue. A patto di sottoporsi alla farsa di un “Sì” davanti a un prete. La madre di lei, dal canto suo, era vedova, povera, calabrese e religiosa, e si sarebbe limitata a smettere di piagnucolare. E pure quella non era mica una cosa da poco.Noiosi e sfiancanti, quei giorni, fra ristoratori e sarti, chiesaioli e fioristi, fotografi e burocrati, confettari e cartolai, calzolai e autisti. E il ridicolo oltraggio del “corso prematrimoniale”, con quel corvaccio untuoso e celibe a insegnare a loro come si vive da coniugi. Ma non era quello il motivo per cui Mikaela aveva messo di nascosto venticinque gocce di valium nell’aranciata di Maicol.“È meglio che ti siedi, a bere” gli disse. “Ti devo parlare”.Lui le obbedì, per stanchezza e per sete. Scostò una sedia dal tavolo della cucina, sedette, prese il bicchiere e diede un primo lungo sorso.“Ho delle cose tremende da dirti, amore. Ma non posso più tacere”.“Ti han cannato la taglia dell’abito bianco?”“Non scherzare, Maicol! Rendi tutto più difficile, così!”“Sì, ma perché hai comprato l’aranciata amara? Lo sai che non la sopporto”.“Devo aver fatto confusione… ma adesso, ti prego, ascoltami”.Maicol ingollò in un soffio tutta la bibita, anche se il gusto non gli piaceva. Tornava sempre con la gola riarsa, da quel dannato cantiere. “Dimmi”, le disse.Vederlo trangugiare così tutto il valium la tranquillizzò. Forse non aveva letto, sul bugiardino, che l’effetto può richiedere parecchi minuti.“Siccome che… Cioè”, attaccò lei.Cominciamo bene, pensò lui.“Aspetto un bambino” disse lei.“Bene!” disse lui.“Non è tuo” disse lei.“Ah” disse lui.Pareva già calmissimo, e ciò le infuse ulteriore coraggio. “Ma non era questa la cosa peggiore”.“Cazzo”, protestò lui. “Mi stai dicendo che mi hai cornificato. E che ti avrò di fianco sull’altare con un figlio non mio nella panza. Cosa può esserci di peggio, a parte il fatto che mi hanno chiamato Maicol?”Il televisore piccolo della cucina trasmetteva da sopra il frigorifero la scena di un energumeno e una donna minuta ma risoluta che si scannano in tribunale per l’affidamento dei figli. Nessuno dei due li voleva. E il giudice aveva la faccia di uno che sta per estrarre una bella pistola. Dal televisore grande, acceso a volume alto in salotto, arrivava la voce petulante di una dodicenne che accusava un avarognolo quattordicenne di averle regalato un anello da due soldi per San Valentino.“Siccome che… Voglio dire… È di tuo fratello, ecco” disse Mikaela guardandosi le unghie smaltate dei piedi, e arrossendo. (Le unghie invece erano verdi).Nessuna esplosione.Nessun accesso di follia da parte di Maicol.“Dio cocker”, si limitò a sussurrare, pensieroso, aggrottando le sopracciglia.“E adesso cacciami pure a calci”, disse Mikaela. “È stata una volta sola. Una debolezza. Una follia. Ma non ti sto chiedendo perdono, né di sposarmi lo stesso e far finta di nulla. Lo so che non me lo merito.”
“Potresti sposare mio fratello”, bisbigliò lui con tono assente e remotamente ironico, quasi catatonico, dopo una pausa infinita.“Quello non ci pensa nemmeno. Tuo fratello tromba troppo bene, per essere tipo da sposarsi. Non glielo voglio neanche dire, che il bambino è suo, a quel farfallone.”Ecco, anche se lui era affievolito, abbacchiato, afflosciato, e lei sempre più sicura di sé, forse quello sarebbe stato meglio non dirlo. Mikaela era stata onesta e coraggiosa, in fondo. Gli aveva confessato la sua colpa quando avrebbe potuto tacere, sposarsi quel danaroso compagno e continuare a vivere nella menzogna. Tuo fratello tromba troppo bene. No, quello decisamente sarebbe stato meglio non dirlo. E sarebbe stato meglio non accompagnare le parole con quel mezzo sorrisino, e col gesto volgare del pugno e dell’avambraccio. Anche se lui pareva già più addormentato, che sedato. Che avesse esagerato con la dose?Non solo Maicol si era appena sentito dire che la sua compagna gli aveva messo le corna. Non solo si era appena sentito dire che nel mettergli le corna si era fatta mettere incinta. Si era pure sentito dire che stava per diventare lo zio di suo figlio. O il padre di suo nipote. E adesso quella cosa odiosa. Tuo fratello tromba troppo bene. Cioè tu trombi peggio di lui. Cioè tu, scusami tanto amore se già che ci sono te lo dico, mi hai sempre trombata maluccio. Tu sì che sarai un perfetto scopamoglie pocosessuale, pronto a collezio-nare altre corna e bicorna.Il vero Tabù: la prestazionalità sminuita, il voto basso in ginnasti-ca. L’offesa all’onore del Pene. Il vilipendio salsicciottistico. Questo sì è insostenibile, per uno stantuffo umano che si rispetti, e voglia essere rispettato.Dal televisorino sopra il frigo, spurgava fuori la pubblicità semiporno di un profumo. Di là, imperversava a tutto volume una compagnia di magnaccia telefonici, che faceva venir voglia di tornare, e di corsa, ai piccioni viaggiatori e ai segnali di fumo.Maicol scadregò piano all’indietro. Si alzò in piedi. Barcollò un po’. Rimise a posto la sedia sotto il tavolo, delicatamente e senza fare rumore. Dando le spalle a Mikaela, si avvicinò alla credenza. Si appoggiò al ripiano con entrambi i pugni chiusi, come uno malsicuro sulle gambe. Respirò. Aprì il secondo cassetto. Esitò. Afferrò il coltello più lungo su cui riuscì a mettere mano. E con un unico secco fendente infilzò la promessa sposa e quell’oltraggiosa ipotesi di nipotastro.Poi si calmò tantissimo.
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