Scoperte recenti hanno permesso di gettare nuova luce sui misteri dei ‘moai’, le teste giganti dell’Isola di Pasqua, unico vestigio della cultura spazzata via dall’arrivo dei navigatori europei.
Non si sa tuttora quale fosse lo scopo per intagliare nella roccia vulcanica di una unica cava alla base del vulcano dell’isola le statue tra le 9 e le 20 tonnellate di peso, per poi trasportarle e erigerle a distanze che in alcuni casi possono raggiungere i venti chilometri, con una mano d’opera spesso abbastanza limitata, tra il 13/mo e il 15/mo secolo dopo Cristo.
Monoliti dell’Isola di Pasqua
Ma nuovi studi condotti da gruppi di ricercatori di vari Paesi hanno portato alla luce di recente scoperte che possono cambiare la visione limitata che abbiamo oggigiorno dei ‘moai’. Un gruppo di studio congiunto Usa-Cile, nell’ambito del Eisp (Easter Island Statue Project), ha rivelato che molte grandi teste hanno in realtà anche braccia, mani e un corpo, in gran parte sotterrato, probabilmente dall’erosione e dal deposito di polveri – o forse da un’onda gigante che sommerse l’isola e dette fine alla cultura di Rapa Nui, come sostengono alcuni. Sul corpo sotterrato di un ‘moai’ sono stati rinvenuti anche segni e quella che potrebbe essere una ‘scrittura’, della quale non si sa ancora nulla. Novità anche per quanto riguarda il trasporto dei ‘testoni’: una squadra archeologica statunitense, guidata da Charles Love, ha scoperto guide e intagli lungo il percorso delle statue, che potrebbero indicare un sistema di ingegneria sofisticato con l’aiuto di macchinari e corde finora impensabile. Ma molti discendenti del popolo di Rapa Nui scuotono la testa: per la tradizione locale, le statue al posto dove stanno ci sono arrivate per conto loro, camminando con le loro gambe di pietra.
vedi anche: L’Isola di Pasqua