Lo storico francese Nicolas Werth, di madrelingua russa, fra i maggiori specialisti internazionali della violenza politica nell’ex mondo sovietico ha dichiarato: «I massacri del “Grande Terrore” staliniano, nel biennio 1937-1938, non costituirono forse un genocidio in senso tecnico, almeno secondo la definizione restrittiva che di questo termine avrebbe dato l’Onu, a causa in parte delle pressioni della stessa Unione Sovietica. Ma si può probabilmente dire che ci fu un’azione genocidaria almeno verso il clero». Lo ha fatto nell’importante saggio “Nemici del Popolo. Autopsia di un assassinio di massa” (Il Mulino 2011), che esce in Italia in questi giorni, ato dopo lunghe ricerche pionieristiche negli archivi sovietici: «In appena 16 mesi, furono arrestate un milione e mezzo di persone e ci furono circa 800 mila esecuzioni. Si trattò di un autentico processo di ’pulizia profilattica’ dell’intera società, non solo di certe élite. Ciò rappresentò il culmine radicale di una serie di misure già prese fin dall’epoca di Lenin. Occorreva purificare il mondo sovietico da qualsiasi oppositore reale o potenziale del pensiero unico e della nuova società integrata». Lo storico continua raccontando la responsabilità di Stalin i suoi obiettivi principali: «innanzitutto, il clero. Il 90% degli ecclesiastici furono arrestati e giustiziati. Occorre poi citare gli ex membri del Partito socialista rivoluzionario, i trotskisti, principali concorrenti dei bolscevichi», delinquenti ordinari, emarginati, le élite dell’epoca zarista, i kulaki e i polacchi. «Stalin riuscì a presentare tutte queste categorie come membri potenziali di una “quinta colonna” di nemici, spie, insubordinati». Tornando allo sterminio del clero, lo strorico afferma: «Diversi testi mostrano questa volontà di farla finita una volta per tutte con gli ecclesiastici. Anche per questo è paradossale notare che negli anni successivi della Seconda guerra mondiale, la ’guerra patriottica’ della propaganda, Stalin cercherà di strumentalizzare il 10% del clero restante e di attirarlo nella propria orbita. Il dittatore rimase molto colpito dal risultato del censimento del 1937, durante il quale il 57% della popolazione si professò credente. Non si può probabilmente dire che la Chiesa rappresentasse un pericolo diretto per il regime. Ma Stalin la percepì più che mai come l’ultima struttura organizzata autonoma rispetto alle logiche centrali». L’intervista è stata fatta da Avvenire.
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Nuovo saggio storico: l’ateo Stalin giustiziò il 90% dei sacerdoti russi
Creato il 09 marzo 2011 da UccronlinePossono interessarti anche questi articoli :
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