Dal 24 ottobre nelle sale italiane, arriva il film che ha conquistato il pubblico tedesco...
Il poco più ventenne Niko ha da poco abbandonato l’università ed è obbligato a confrontarsi, durante la sua giornata berlinese alla ricerca di un buon caffè, con le conseguenze della sua inerzia. Accompagnati da una dolce melodia jazz cominciamo a seguire Niko in quella che sarà per lui una giornata campale. In una Berlino in bianco e nero, in una stanza, una ragazza dai capelli corti, vagamente somigliante alla Jean Seberg di “Fino all’ultimo respiro”, ci suggerisce subito quale sarà il tono del film. L’ispirazione, per stessa ammissione di Jan Ole Gerster, è quella.
Oh Boy – Un caffè a Berlino tenta, in una società votata all’intrattenimento spicciolo, possibilmente somministrabile in piccole pillole, di riproporre un tipo di cinema che preferisce accantonare la trama come unico scopo, prediligendo l’atmosfera e le emozioni. Seguiamo così il nostro “eroe” vagare per le vie di Berlino alle prese con diversi personaggi che, così come sono apparsi, improvvisamente scompaiono ritornando nel loro oblio. Una carrellata di visi, di personaggi, rappresentanti di una società moderna composta di persone sole in mezzo alla folla, forse troppi per ottantotto minuti di messa in scena. Ne risultano personaggi troppo abbozzati, in alcuni casi quasi delle macchiette poste lì per strappare una risata, o almeno un sorriso. Bisogna però ammettere che spesso ci riescono.
Oh Boy è una tragicommedia che ricorda un certo cinema inglese anni ’90, a cavallo tra il dramma e l’ironia celata dietro ogni nostro gesto. Quel cinema però raccontava la classe operaia, qui invece protagonista è la classe media - I loro figli, in realtà: Ventenni in crisi d'identità incapaci di trovare un loro posto nel mondo. Niko, che rappresenta forse una nicchia, è obbligato a confrontarsi con una sensibilità acuta, forse troppo, che lo porta a immobilizzarsi, agendo spinto dagli altri, più che altro come reazione a eventi che non comprende fino in fondo, ritrovandosi alla fine dei giochi, solo. Indeciso tra la voglia di vivere e l’incapacità di capire qual è il suo posto.
Oh Boy osa, sempre in bilico tra il cinema d’autore e la commedia grottesca, rischiando, alla fine dei giochi, di non raccontare nulla e, forse, lo fa. Il problema di questo film risiede nell’incapacità di proporre qualcosa di nuovo, portando sullo schermo sempre la stessa salsa leggermente rivisitata. Il film di Jan Ole Gerster in definitiva racconta più che una vera e propria storia, uno stato d’animo, e la ricerca di un buon caffè che non costi uno sproposito è una contorta metafora della ricerca dell’Io. Un po’ poco.
Oh Boy – un caffè a Berlino ha comunque il merito di non annoiare. Aiutato anche dagli attori, soprattutto Tom Shilling capace di calarsi nella parte di un insofferente Niko senza risultare irritante, il film evita di prendersi troppo sul serio e dona, arrivati al momento dei titoli di coda, una generale sensazione di leggerezza.
BLANDO ANTIDEPRESSIVO
Dr. Perry Cox
Regia: Jan Ole Gerster – Cast: Tom Schilling, Julika Hoffman, Katharina Kempter, Marc Hoseman
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