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Oldboy: arriva il remake di Spike Lee. Storia di una vendetta

Creato il 03 dicembre 2013 da Oggialcinemanet @oggialcinema

3 dicembre 2013 • Primo Piano, Vetrina Cinema, Videos •

Summary:

Vendetta, tremenda vendetta. È questo Oldboy, sorprendente manga giapponese diventato uno strepitoso film coreano e ora il nuovo film di Spike Lee. Si tratta di una storia incredibile, quella di un uomo che viene catturato all’improvviso e viene tenuto prigioniero per vent’anni in una stanza. L’unico sguardo verso il mondo è una televisione. L’unico pasto, sempre uguale, dei ravioli al vapore. Altrettanto all’improvviso, e altrettanto misteriosamente, quest’uomo viene liberato. E inizia la sua vendetta. Inizia a cercare chi l’ha rinchiuso, e soprattutto a cercare di capire perché. Perché è lui, a sua volta, la vittima di una terribile vendetta. Ma non deve chiedersi perché sia stato imprigionato. Quanto piuttosto, perché sia stato liberato…

Gallery Oldboy

Quando Oldboy deflagrò sul mondo del cinema era il 2004. Erano gli anni di Kill Bill di Tarantino, e proprio il regista di Pulp Fiction era presidente della giuria al Festival di Cannes, dove il film del coreano Park Chan-wook vinse il Grand Prix. “È il film che avrei voluto fare” dichiarò Tarantino, ammettendo che l’opera coreana andava un passo oltre il discorso sulla vendetta del suo Kill Bill. Tra i grandi fan di quel film non c’era solo Tarantino, ma un altro grande del cinema americano: Spike Lee. “Mi ha spiazzato” ricorda il regista de La 25a Ora. “È una storia del tutto particolare, con tutti i migliori elementi del mistero e della vendetta, ritratti nel modo più dettagliato possibile”. Così, appena letta la sceneggiatura di Mark Protosevich, ha deciso di farne una sua versione. “Non ho mai pensato ad Oldboy come un remake” ha precisato Lee. “L’ho visto più come un’interpretazione di una grande storia che può essere rappresentata in tanti modi diversi. Quando Josh Brolin, che interpreta il protagonista Joe Ducett, ha chiesto la benedizione di Park Chan-wook, si è sentito rispondere: “Qualunque cosa tu faccia, fai il tuo film”.

Old Boy

OldBoy

E Spike l’ha fatto. Ma che senso ha un’operazione simile? Che senso ha rifare un film perfetto? La risposta sta nel pubblico americano, storicamente poco abituato a vedere i film che provengono da altri paesi, ma soprattutto poco propenso a vedere dei film che non abbiano come volti quelli dei loro attori preferiti, delle star che conoscono, delle facce e una parlata che siano americani. Per questo Hollywood rifà da anni i migliori film europei – i francesi su tutti – e ora anche i migliori film asiatici (The Departed viene da lì). È stata questa la giustificazione che Michael Haneke fece del suo remake di Funny Games. In America praticamente nessuno ha visto l’Oldboy originale. E anche in Italia, dove il film è uscito nel maggio del 2005, pensiamo l’abbiano visto in pochi. E quella di Oldboy è una storia da vedere.

Spike Lee, che quando si è trattato di girare dei film cosiddetti “su commissione” (La 25a Ora, Inside Man) si è dimostrato una perfetta macchina da cinema, ha deciso di partire da zero, rifacendosi soprattutto al manga originale di Garon Tsuchiya e Nobuaki Minegishi, cercando di non tradire né questo né il film coreano. Insieme allo sceneggiatore ha aggiunto nuovi personaggi e ne ha rivisitati altri, ha mescolato ulteriormente le carte delle loro identità e ha reso più complessi alcuni rapporti. E ha puntato forte sugli attori. Josh Brolin, uno che ha frequentato i Fratelli Coen ed è stato George W. Bush, ha la follia necessaria per un ruolo simile. Così come Sharlto Copley, che qui è la sua nemesi, ha un’altra occasione per dimostrare il suo trasformismo, dopo District 9 ed Elysium. E poi c’è Elizabeth Olsen (La fuga di Martha), che ha il ruolo chiave di Marie, la ragazza che aiuta Joe, e che riesce ad aggiungere nuovi elementi al personaggio originale, un misto di tenerezza e sex appeal. Allora ha un senso rifare Oldboy? Se avete visto l’originale, la decisione spetta a voi. Se non l’avete visto… beh, quella di Oldboy è una storia che va raccontata. In fondo, i grandi classici del teatro, da Shakespeare a Checov, vanno in scena continuamente con nuove interpretazioni. E se un testo è valido, funziona sempre.

Di Maurizio Ermisino per Oggialcinema.net

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