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OLTREVERSO, il latte sulla porta – Doris Emilia Bragagnini

Creato il 18 aprile 2013 da Viadellebelledonne

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In tempi di alfabetizzati e di acculturati quanti libri si stampano, quante parole provano a mettere le ali e a sorvolare il mondo. Spesso precipitano dopo due battiti, pazienza, a qualcosa saranno servite.

Noi lettori abbiamo abbondanza di scelte, sovrabbondanza direi e qualche volta ci affatica trovare la perla vera fra tante plasticate. Mai demordere e continuare a cercare, minatori di pepite spaccaocchi.

Qui, ad esempio, ho un  bellissimo libro di poesie di Doris Bragagnini, meravigliosamente prefato da Augusto Benemeglio, che si è offerto alla mia lettura senza infingimenti né letterari né razionali.

La poesia di Doris s’incunea nei meandri instabili degli eventi che la trafiggono e la incantano anche e quel suo atto concreto, non ancora carnale, la trasporta in territori infidi che ora sembrano miti, ora feriscono con lame affilate. Ma….  Qualcosa la trattiene al di qua di una soglia che violata , impedirà il ritorno  e l’attrazione resta , insoddisfatta  e dolente.

“Mi slegherò le dita

lo accarezzerò con vene nude”

Il tu usato frequentemente della poetessa non si lascia svelare docilmente: ora è uomo, ora alter ego, ora divinità; eppure è sempre la promessa di un’alterità  che la conduce Oltreverso.

Ora comprendiamo il titolo: i linguisti parlavano del valore semantico del titolo. Oltreverso non è gioco di parole ma di significati , l’affermazione di un’istanza che resiste al verso, alla poesia, arte che le si avvicina ma che non la conquista; più misterioso il sottotitolo. Il latte è il nutrimento primario , l’originario stimolo erotico, ma è è anche e contemporaneamente simbolo del candore, dell’innocenza, della segnatura della specie. Siamo mammiferi, ci nutriamo di latte, ma se questo resta sulla porta, come e quando potremo raggiungerlo e farci nutrire, placare i morsi della fame e della disperazione?

“Un sorso solo, non un lamento

bocca offerta con un sorriso di ciliegie

ultimo bacio freddo al cielo

di tormento già concluso

-   insieme al battito-“

Questi versi fanno da spia e celano anche la fame d’amore nell’abbondanza di metafore, di essere presa e apprezzata, e il rifiuto  e quel che era vivo cessa di battere. E’ l’estrema conclusione di Doris. Ma chi fosse colui da cui si aspettava un bacio, la stimmate del suo amore, non è detto, resta fantasmatico il destinatario e questo rimanere incognito rischia di rendere oscura la poesia di Doris;

eppure ci sono tanti indizi che ci veicolano verso un percorso di senso ripido forse, ma percorribile:

“Infrangibile nucleo

di scissione temporale

d’irrealtà negata. Amata.”

La fantasticheria è l’aspetto caro dell’irrealtà, ma, credo, ciò che riusciamo a pensare possiede uno statuto d’esistenza, eppure i codici infranti si trasformano in salvavita disinnescati.

La vita nel suo interloquire con la nostra coscienza inventa o come un illusionista crea delle scappatoie e si può “ in un battito di ciglia/ gustare la secchezza dell’abbaglio/ e il morire poi d’improvvisa piena”……..

Eppure Doris è donna consapevole del suo potere  che , se mal gestito, potrà distruggerla e quindi la sua forza è nel negarsi e ciò accade, accade dentro di lei, in un’immersione a testa emersa  ovvero

in ultimo scatto d’orgoglio. E da qualche parte :

“ saprà di te l’innesto, inciso

a lato

impalcatura ad amo o chiodo fisso

_ libera_  carica_ libera___

non l’azzurro, chiuso, a forbice

Da lontananze ritorna la poetessa al suo bisogno di vicinanze, di visioni , di cieli aperti, di infiniti

Se poi cadrà a strapiombo l’avrà cercato, sarà la scelta docile ad una vocazione.

La poesia della Bragagnini in questo suo scavarsi fino a corrodersi parole e cervello non teme le contraddizioni, anzi le contraddizioni cementano lo stare su questa landa che ha deserti e giardini e lei entrambi conosce come conosce le vette e gli abissi; non riesce a scegliere, non riesce a rinunciare , resta sul ciglio, borderline di un immenso amore che fronteggia l’immensa perdita.

La poesia di pagina 80 dà ragione di queste mie conclusioni , è una poesia molto bella, che ha due versi finali ; fra virgolette legami i margini, fammi restare , e sotto il verso della vecchia filastrocca : ambarabàciccicoccò  tre civette sul comò.

Illudersi e ridere della propria illusione e durare a restare in bilico fra questi attanti: tema di Doris, tema di tutti noi che ancora speriamo di trovare la perla fra i liquami  che ci attorniano.

Narda Fattori

VERSO OLTREVERSO (LA PREMESSA) 

Nel nido più alto

lo squarcio nel cielo

induce al raggiro

che io tomi e traduca
iI verso oltreverso

Ed appare e ferisce
ma ti salva il lambire
dell’onda bugiarda
di velieri agitati

Che toma e ti prende

mi trattiene e mi squassa

il mio cuore è una pista
in un mare di ghiaccio
dove in pattini d’ oro

tu mi solchi e io vivo

al dorso

se una – fossetta – è il giorno e
il raggio a picco, sulla pelle

sono quelle fronde scure
palme di ventagli d’oasi
- ante – un po’ dischiuse
a spingermi nel resto dell’armadio
per chiedermi cos’abbiano le mani
del tuo consenso inerme

(come rumore di tordo o
garluppo di fondo, inespresso)

scivola dal palmo il sale per la coda
l’asciugatura al click, di un battito di ciglia
il filo per la presa

———————————al dorso

“legami i margini, fammi restare”

ambarambaciccicoccò tre civette sul comò

il latte sulla porta

come una marea
che – liscia e liscia -

passi questa tomba scabra
come bocca disseccata e
a nulla vale il latte sulla porta
l’andirivieni della notte con i suoi alterni opali
pasti indotti, di una giovane falena

tendimi la pelle
fanne un tamburo per giorni muti
quando a sgranocchiare ore non ci penseranno i denti
ma una lingua, che si farà lasciva
nel porgerti le scuse d’essere stata onesta

ti laverò dal mio peccato – non del tutto – originale
luciderò quella salsedine, trama su papille scure
sarà l’estinguersi del solco a brindare al ventre storto

oppure sarà come lavarmi il viso

sorprendere di fresco gli occhi chiusi

e sbatterli di nuovo (e ancora) menta fino al verde

una goccia – estrema – capace di curvare l’angolo

che anche il fuso Rosaspina, inciso il polso

piange sonni e sangue immacolato, le voglie di paglia

la sete inappagata, hanno muso di sterpo e teche

a sorreggere le gambe, la corsa fuori

nuda oltre la tenda, ha voce di sabbia

“non avrei saputo dire il nome come simbolo d’amore”

un suono affastellato sulla lingua o rumore vicino l’ombelico

un pensiero di vento, oppure un vento che recita il tuo nome

all’improvviso, come vita in origàmi (o voli) sulla tua carne bruna

diffrazioni d’osservanza (fard à paupière)

non un vuoto contundente, così ampio

da tacermi – il luogo esponenziale è filmico

una ghirlanda d’aglio e fiordalisi morbida nel fiume

e un collo troppo piccolo per sostenere il cappio

sorprende poi di frodo come un letto richiudibile

due ante sulla steppa, il freddo dei natali di ogni giorno

lampadine ciondolate sopra il piatto da cocomero

(se non per questo – me – adesso

o la brina nei campi d’inverno quanto il fiato

avvampare d’incenso, braccia spiegate, all’essere viva)

mi tagliarono la coda, giace lì nel nylon, il colore sbiadito

nero pervinca di notti a venire, nello zoo del Tennessee

qui  tra le  stecche di un video su strada filtrano bucce per fard à paupière

- fiori di vetro – a due passi dal mondo, piena una slitta, da riempire galere

tremula certezza

Spoglio di te

vesti il mio sguardo

carezza abbacinata
percorro la tua mente

Filo di seta eroso
e clangore perso
I’eco tace

immersa in stanze buie

Lo slacciare dei non voglio .
arrende il passo cieco
tremula certezza

che d’amore brucia

Tormento dell’ ardire

e rosa acuminata
rossore che divora
tramonto che non cola

breccia  dolce

Chiamo  docili le Ore
lumi di lusinghe instabili
corde rotte di violino

- gatti da tacere-

a mani sulla bocca

E’ il tremore che mi assedia
del tuo  guardo reclinato

e la luce che disperde

mentre muore altrove

Breccia dolce nel ritorno

resti ostaggio del mio seno
del respiro che ti manca
mano aperta, che lo sfiora

inclinazione di luce

Potesse uscire

questo squarcio eterno

arrotolarsi su se stesso

e scorrere

come varco tra le nuvole

inclinazione di luce in bilico

moto e giorni appesi a giorni

e sguardi , verso l’alto

di comete in transito

per giacigli d’occhi antichi

che mi vedono- alla coda-

di una notte siderale.

Oltreverso, il latte versato – Doris Emilia Bragagnini – Editrice Zona



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