“Signora mia, la vedo stanca, oggi.” Non me ne parli, mi sono appena aperta un blog.”
Oggi si parla molto di blogosfera e di bloggers, visto che è arrivato l’arrotino, l’omologatoio delle zie ricche d’America “Huffington Post” nella versione italiana curata da Lucia Annunziata, già direttora responsabile della rivista di Aspen Istitute ”Aspenia” e che un giorno ebbe a dire, discutendo da Santoro su questioni mediorientali, che, da quella tribuna televisiva, “noi”, intendendo i giornalisti, “dobbiamo orientare il pensiero degli italiani su queste cose”.
Forse ora si sta rendendo necessario anche orientare il pensiero dei blogger e soprattutto quello dei loro lettori, omologando ed omogeneizzando le notizie ed i commenti con l’aiuto delle bacchettate delle professoresse dell’informazione che sono sbarcate, al seguito dei conquistadores, anche sul web con le loro piattaforme. (Scelgono le donne perché pensano che la figura materna sia rassicurante.) Queste direttore hanno un’idea assolutamente errata e preconcetta sui bloggers, come gli spagnoli che si trovavano di fronte per la prima volta i nativi americani e li trattavano da selvaggi; un’idea imperialista del tipo: “Ora porteremo loro la vera civiltà e faremo loro vedere.” Gente che fa aprire un blog ad un centinaio di vip – perfino a quelli che si sospetta non sappiano neppure leggere, figuriamoci scrivere – e pensa con ciò di fare blogging. Non solo, lo fa pure pesare.
I miei amici Debora Billi e Gennaro Carotenuto hanno scritto oggi post piuttosto critici riguardo a questo neonato club dal retrogusto rotariano. Se Gennaro accusa l’Annunziata di aver fatto un prodotto affatto dissimile dalle tante versioni online dei giornali – qualcuno vede perfino troppe similitudini con l’impostazione del “Fatto Quotidiano” - Debora se la prende soprattutto con una frase dell’Annunziata riportata su un’intervista rilasciata questo mese a Prima Comunicazione:
“I blog non sono un prodotto giornalistico, sono commenti, opinioni su fatti in genere noti; ed è uno dei motivi per cui i blogger non vengono pagati.” (fonte)
Frase che fa giustamente imbestialire chi conosce da vicino la realtà di sfruttamento e quasi schiavismo delle redazioni.
Oltre a ciò, comunque, la frase della Lucia denota più che altro, secondo me, l’assoluta ignoranza del mondo del blogging e soprattutto della sua filosofia. Defiiendo tra le righe i bloggers degli opinionisti del cazzo e dei riciclatori di notizie di ben altro pedigree giornalistico, dimentica che ci sono opinionisti altrettanto del cazzo e riciclatori di fuffa e menzogne più o meno illustrate in ogni giornale. Nel meraviglioso mondo di Lucia, la visione del blogger è una visione di classe, di parente povero del giornalismo. Essendo schiava delle regole del business, perché la mission di questo Huffington non credo sia la gloria ma fare tanti ma tanti accessi e sghei, non riuscirà mai a capire il godimento di scrivere per qualche centinaio di persone al giorno a gratis. Ricevendo solo le medaglie al valore della stima di amici e colleghi e della quotidiana fedeltà dei lettori.
A questo punto vorrei quindi spiegare cos’è per me, che sono blogger da sei ininterrotti anni, che ho pubblicato più di 1400 post, la filosofia del blogging. Un blogger è essenzialmente qualcuno che ha la passione di scrivere e che decide di dedicare qualche ora al giorno del suo tempo libero, quasi tutti i giorni, alla scrittura. Generalmente lo fa senza alcun ritorno economico ma solo per passione. Un blogger scrive in base ai suoi interessi e in piena libertà. Non deve rendere conto a nessuno ma alla sua coscienza. Il blogging è soprattutto libertà, è una delle migliori incarnazioni della libertà di espressione. E’ come il surf. Scrivere un grande post è come cavalcare la grande onda. Il blogging è rivoluzionario e geneticamente anarchico. Il blogging è però anche impegno e ricerca quando vuole farsi informazione. Capita di dover passare diverse ore sul web alla ricerca di materiale, di documentazione, dovendo tradurre da lingue straniere, cercando riscontri alle fonti. E’ un maledettissimo impegno che impone anche, volendo trattare di politica ed attualità, di stare sempre sul pezzo, come dicono i cugini giornalisti. Il blogger, in questa versione di servizio, può perfino diventare l’intellettuale dei nostri tempi.
Non siamo pagati ma è meglio così. Non abbiamo nessuno che ci cambi il titolo, che ci tagli e ricucia i pezzi, che ci censuri pensieri e parolacce, che ci mescoli con gente che il blog se lo fa scrivere dal portaborse, dalla segretaria o dall’assistente alla poltrona governativa.
P. S. Questo blog non ha pubblicità, non spompina le blogstar e quindi da sei anni non riceve nomination ai Macchianera Awards, non è tra i primi cento blog italiani e non ha casaleggi alle spalle. Se volete fare qualcosa per questo blog, se vi piace, l’unico modo è parlarne in giro, linkarne i post ed invitare a leggerlo.
Io intanto vi lascio cinque minuti con lo spirito di Pier Paolo.