Doveva già essere fuori da un po’, ma qualche problema ha fatto slittare l’uscita di Mystic Jar Of Doom, che finalmente può vedere oggi la luce e ribadire quanto di buono gli Orange Blossom Jam hanno dimostrato sul palco: un’assoluta padronanza della materia trattata, a partire dagli strumenti fino alla scelta di suoni ad hoc per dar vita alle loro fumose visioni stonate. Il fulcro dell’album è il riffing, una materia grassa che cola attraverso le cinque tracce e riempie ogni fessura del dischetto, distorto, potente, totalizzante. Non che i comprimari accettino di restare indietro, visto che voce, basso e batteria contendono alle chitarre il ruolo di spicco sia per tecnica, sia per capacità di affondare il colpo, sempre sul pezzo e mai timidi nell’esprimere il proprio amore assoluto per doom, stoner e (riflessi di) psichedelia, cardini portanti di un disco a fuoco che darà più di una soddisfazione a chi di queste sonorità si nutre. Nulla di inaspettato o che travalichi la definizione di prodotto di genere, ma questo non scalfisce minimamente l’impatto di un diso che unisce i puntini dai Black Sabbath agli YOB, passando per Sleep e Kyuss, Electric Wizard e Goatsnake. A volte risulta cento volte più efficace fare quello che si ha nel dna e si sente come proprio, soprattutto se si hanno personalità e passione per imporsi in mezzo a tanti onesti artigiani del tributo. Gli Orange Blossom Jam hanno le carte in regola per colpire nel segno e per conquistarsi un proprio posto all’interno della scena di riferimento, il che non è davvero un risultato di poco conto quando si pensa al peso specifico dei padri putativi chiamati in causa. A buon intenditor…
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