The Grandmaster è un filmone sulle arti marziali e tutta la filosofia che sta dietro quelle pratiche tanto fisiche quanto spirituali. Di norma, di un film del genere non me ne fregherebbe una mazza (ed è un po’ così anche ora che l’ho visto), ma bisogna ammettere che Wong Kar Wai questa volta sa quel che fa, tira fuori due ore esatte di film poderoso e a tratti straziante, magistralmente in bilico tra l’azione e il melodramma, magniloquente nello stile ed ellittico nella narrazione. Sembra di stare di fronte all’ennesimo sfoggio di tecnica e precisione: ci sono i primissimi piani e i particolari al rallentatore, ci sono nuvole di fumo in controluce e gocce d’acqua che cadono come macigni, ci sono i colori dosati col pantone e i movimenti di macchina morbidi e avvolgenti. Ma Wong non perde mai il controllo, confeziona il suo prodotto con eleganza fin eccessiva e manierata, ma la frase che fa dire all’inizio dal maestro Ip Ma, e cioè che il kung fu è fatto di due sole parole, orizzontale e verticale, se vai giù perdi, se stai in piedi vinci, questa frase così semplice e cinematografica la trasforma nell’idea guida del suo film dedicato a uomini straordinari alle prese con un’arte complessa, ma condannati ad avere un ruolo marginale nella Storia, destinati a vivere in un mondo chiuso e incapace di comunicare con l’esterno. La vicenda di The Grandmaster inizia negli anni ’30 e arriva fino ai ’60, passando per l’invasione di Hong Kong dei giapponesi, la guerra civile e la povertà. Tutto però avviene sopra le teste dei grandi maestri, nonostante la loro saggezza e abilità, il kung fu sembra un’inezia rispetto alle grandi vicende della Storia e con la sua pratica fisica e non così spirituale come ce l’hanno sempre raccontata (in fondo si tratta di mosse, di colpi, di velocità) nulla può contro la vera violenza che sconvolge gli uomini. La Storia c ‘è in The Grandmaster, influisce sulle vite dei personaggi ma non le prevarica. Al tempo stesso, il racconto non si fa modello di nulla, non arriva mai a essere simbolico o universale, e per questo trova una sua intima bellezza. Tant’ è che l’ultima parte del film, quando le sconfitte personali si palesano e il sistema di pensiero dell’arte marziale viene ricondotto a un mondo chiuso e destinato a morire, il film diventa bellissimo, commovente e poderoso, con il solo difetto di una musica d’accompagnamento che ricorda troppo le partiture di Morricone per Sergio Leone. A tratti Wong sfoggia anche la delicatezza dei movimenti di macchina di In the Mood for Love, per qualche secondo incede nei suoi ralenti pieni di pathos o nei particolari carichi di sentimento (un bottone, ad sempio): ma stavolta non si spinge troppo oltre. Stavolta ha scelto il genere e tra una battaglia e l’altra lascia che il film proceda per la sua strada, mentre la storia degli uomini procede per la propria, a una velocita’ superiore e per questo irraggiungibile.
Magazine Cinema
The Grandmaster è un filmone sulle arti marziali e tutta la filosofia che sta dietro quelle pratiche tanto fisiche quanto spirituali. Di norma, di un film del genere non me ne fregherebbe una mazza (ed è un po’ così anche ora che l’ho visto), ma bisogna ammettere che Wong Kar Wai questa volta sa quel che fa, tira fuori due ore esatte di film poderoso e a tratti straziante, magistralmente in bilico tra l’azione e il melodramma, magniloquente nello stile ed ellittico nella narrazione. Sembra di stare di fronte all’ennesimo sfoggio di tecnica e precisione: ci sono i primissimi piani e i particolari al rallentatore, ci sono nuvole di fumo in controluce e gocce d’acqua che cadono come macigni, ci sono i colori dosati col pantone e i movimenti di macchina morbidi e avvolgenti. Ma Wong non perde mai il controllo, confeziona il suo prodotto con eleganza fin eccessiva e manierata, ma la frase che fa dire all’inizio dal maestro Ip Ma, e cioè che il kung fu è fatto di due sole parole, orizzontale e verticale, se vai giù perdi, se stai in piedi vinci, questa frase così semplice e cinematografica la trasforma nell’idea guida del suo film dedicato a uomini straordinari alle prese con un’arte complessa, ma condannati ad avere un ruolo marginale nella Storia, destinati a vivere in un mondo chiuso e incapace di comunicare con l’esterno. La vicenda di The Grandmaster inizia negli anni ’30 e arriva fino ai ’60, passando per l’invasione di Hong Kong dei giapponesi, la guerra civile e la povertà. Tutto però avviene sopra le teste dei grandi maestri, nonostante la loro saggezza e abilità, il kung fu sembra un’inezia rispetto alle grandi vicende della Storia e con la sua pratica fisica e non così spirituale come ce l’hanno sempre raccontata (in fondo si tratta di mosse, di colpi, di velocità) nulla può contro la vera violenza che sconvolge gli uomini. La Storia c ‘è in The Grandmaster, influisce sulle vite dei personaggi ma non le prevarica. Al tempo stesso, il racconto non si fa modello di nulla, non arriva mai a essere simbolico o universale, e per questo trova una sua intima bellezza. Tant’ è che l’ultima parte del film, quando le sconfitte personali si palesano e il sistema di pensiero dell’arte marziale viene ricondotto a un mondo chiuso e destinato a morire, il film diventa bellissimo, commovente e poderoso, con il solo difetto di una musica d’accompagnamento che ricorda troppo le partiture di Morricone per Sergio Leone. A tratti Wong sfoggia anche la delicatezza dei movimenti di macchina di In the Mood for Love, per qualche secondo incede nei suoi ralenti pieni di pathos o nei particolari carichi di sentimento (un bottone, ad sempio): ma stavolta non si spinge troppo oltre. Stavolta ha scelto il genere e tra una battaglia e l’altra lascia che il film proceda per la sua strada, mentre la storia degli uomini procede per la propria, a una velocita’ superiore e per questo irraggiungibile.
Possono interessarti anche questi articoli :
-
BAFTA A Life in Pictures: Johnnie To
[English version below]Un post veloce, scritto sull'autobus mentre rientro dall'evento BAFTA A Life in Pictures: Johnnie To.Per me i film di Johnnie To sono... Leggere il seguito
Da Automaticjoy
ASIA, CINEMA, CULTURA -
Il fiume ti porta via – Giuliano Pasini
Trama Per un uomo come Roberto Serra, che considera il lavoro in polizia come una missione, è impossibile accettare l’ingiusta sospensione che lo obbliga... Leggere il seguito
Da Gialloecucina
CUCINA, CULTURA, LIBRI -
CHINA - THROUG THE REVOLUTION: La città probita
Ho parlato più volte del cinema orientale, fra i post di questo blog. Ma se non ricordo male, erano quasi tutte cose riferite ai soliti thriller coreani che... Leggere il seguito
Da Jeanjacques
CINEMA, CULTURA -
China Day: Inside the Tradition - Storia di fantasmi cinesi (1987)
L'instancabile mente di Alessandra del blog Director's Cult ha progettato una riunione dei soliti Blogger per celebrare una cinematografia complessa come... Leggere il seguito
Da Babol81
CINEMA, CULTURA -
(china day) life without principle
L'idea, come al solito della volitiva Alessandra del blog Director's Cult, era stimolante: trasformare il 21 giugno (solstizio d'estate) nel "Giorno del... Leggere il seguito
Da Kelvin
CINEMA, CULTURA -
FLAVORS OF ART Solo Ehxibition Annalu'
Dalla prossima settimana, la brava Annalù Boeretto, terrà una personale ad Hong Kong... peccato non poterci andare! FLAVORS OF ART Solo Ehxibition Annalu' press... Leggere il seguito
Da Roberto Milani
ARTE, CULTURA






