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Orrore all'Appio Latino

Creato il 16 settembre 2010 da Riprendiamociroma
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Il nostro reporter Les ci manda altre foto di ordinario degrado a Roma. Qui siamo nel quartiere Appio Latino, precisamente tra Piazza Re di Roma e Porta Metronia. Bei palazzi, costruiti negli anni '20, bei negozi, una discreta qualità edilizia. Anche qui, la costante che accomuna tutti i quartieri di Roma: le scritte sui muri. Scritte ovunque, sui palazzi, sui negozi, sui portoni. Non se ne salva nessuno. Perfino le scuole sono devastate dalle scritte. Una situazione catastrofica, un vero e proprio cataclisma della civiltà. Tutta Roma è invasa da barbari pezzenti, ragazzini con la bomboletta, e nessunpo riesce a fermarli. Una banda di bracaloni col cappuccio in testa, coglionazzi della prima ora, tengono in scacco Roma, rovinano palazzi, muri, portoni e arredo urbano, devastano monumenti, provocando danni immani ai proprietari degli immobili (che devono ristrutturarli periodicamente) e all'immagine della città (e quindi al turismo). Una invasione folle e incredibile che avanza strisciando nell'indifferenza e nel menefreghismo generale. Una città tesoro che sprofonda nelle fogne e non ne parla nessuno. In TV qualche delinquente continua a trattare questi vandali con i guanti, definendoli "artisti". Allucinante. Il Comune si arrende a una banda di pischelletti bracaloni. Unica proposta messa in campo: un'ordinanza clownesca, con multe ridicole, da far ridere i polli, i galli, le galline e pure le quaglie. Nessun progetto di largo respiro, nessun dialogo con cittadini e commercianti, zero incentivi per ripulire. Una politica di tipo condominiale, alla "volemose bbene". La classica pecettina simbolica alla romana. Famo finta che c'arabbiamo, poi, passata una settimana, amici come prima. E così un'intera città è finita ridotta in condizioni allucinanti, peggio di una fogna di Calcutta: una succursale di Malagrotta. Orrore e raccapriccio. Una città ai margini del mondo civile, relegata nell'angolino riservato agli zozzoni. Una vergogna senza fine.

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