by Federica De Masi · 4 marzo 2014
Noi italiani abbiamo fatto le ore piccole per seguire la diretta dal Dolby Theatre. All’indomani della cerimonia degli Oscar, è tempo di bilanci…
Tanto glamour, sfarzo non eccessivo, ottimi momenti musicali e gag inacidite e poco esilaranti. La notte degli Oscar 2014 è andata più o meno così, sulla conduzione di Ellen De Generes che, tra una pizza chiamata in sala e un selfie che ha fatto il giro del mondo, ha portato a casa una serata che non brilla per allegria e fa rimpiangere il suo predecessore Seth MacFarlane. A parte la gara vinta da Gravity, la partita si è giocata sulle statuette designate per gli interpreti. Partiamo per galanteria dalle donne:
Cate Blanchett conquista l’Oscar per Blue Jasmine come da copione: alle spalle lascia la record woman Meryl Streep che, nonostante la splendida prova in I segreti di Osage County, incassa e dà il suo benestare alla bravissima attrice australiana. Che l’accoppiata esaurimento nervoso e crisi dei valori, oltre che della finanza, abbia colpito i membri dell’Academy? Questa lettura sarebbe riduttiva, perché la Blanchett rispetto alle sue colleghe ha lavorato su un materiale difficile, dal dramma di una donna fallita era difficile trarne ironia sottocutanea e sincerità, per cui Oscar meritatissimo. L’unica della cinquina a non aver mai stretto tra le mani un oscar è Amy Adams… Dai Amy, non sarai mica affetta dalla “maledizione Di Caprio”?
Passiamo proprio al “caso Di Caprio”. Il web si è scatenato lanciando sui social immagini perfide e video in cui scorgiamo un Leo incavolato; è nata addirittura una fanpage dal titolo “Un oscar per Leonardo Di Caprio” che macina like al secondo e in cui potete trovare tantissimi meme divertenti. La verità è che Leonardo Di Caprio, 4 volte candidato ai premi oscar lungo la sua carriera, meritava davvero di vincere la statuetta quest’anno. La sua performance in The wolf of Wall Street è sublime: energico, esagerato, sfrenato, ogni muscolo del suo corpo e ruga della faccia si sono contratti all’ennesima potenza per dar vita ad un Jordan Belfort senza limiti. Una prova ben più difficile rispetto a quella di Mattew McConaughey, dimagrissimo per impersonare il protagonista di Dallas buyers club: commuovere è più facile di far ridere (lo insegnano in tutte le scuole di recitazione), o peggio far sorridere essendo grottesco. Con queste parole non vogliamo togliere il merito all’attore texano di aver modificato il suo corpo restituendo la sofferenza di Ron Woodroof sullo schermo, ma non è che l’Academy ha proteso verso il politicamente corretto? Di sicuro sarà così, ma un riconoscimento per il bravissimo Di Caprio di sicuro arriverà, prima o poi.
Sul versante attrici non protagoniste l’ha scampata Lupita Nyong’o, che al primo ruolo cinematografico (il primo dopo l’accademia di recitazione) in 12 anni schiavo acciuffa un’importante Oscar che le aprirà le porte di Hollywood. Tra gli interpreti maschili non protagonisti Jareed Leto conferma le decisioni già prese ai Goldden Globes e porta a casa l’Oscar per Dallas buyers club. Leto se la contendeva con 5 cavalli da corsa, tra i quali avrei preferito premiassero o il superlativo Michael Fassbender, o il simpaticissimo Jonah Hill.
Nelle altre categorie spunta un importante oscar per la Miglior sceneggiatura originale a Spike Jonze per Her, il suo profondissimo film sul futuro asociale. Una grande vittoria per un film a basso budget e dai contenuti molto indipendenti. Sul versante animazione la statuetta se l’è aggiudicata il cartoon Disney Frozen, spiazzando il campione d’incassi Cattivissimo me 2, il freschissimo The Croods, il testamento di Myazaki Si alza il vento. L’altro caso della serata, forse la vera sorpresa, è stata la sconfitta in toto di American Hustle. Una nota positiva in realtà: sembra che l’Academy ragioni per categoria, valutando cinquina per cinquina, e non rispettando un equilibrio distributivo che assegni premi senza lasciare scontenti sulla via.
Tirando le somme questa edizione è stata deludente: troppe conferme e voti etici più che analitici. Ci vediamo l’anno prossimo caro il mio Oscar!
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