Vincere uno scudetto è sempre una cosa storica, ma se lo vinci in provincia il tuo nome diventa d’incanto leggenda. Nel calcio moderno italiano ricordo solo tre casi in cui lo scudetto è andato in provincia: nel 1969/1970 a Cagliari con Rombo di Tuono Riva grande protagonista e indiscusso uomo simbolo di quella squadra, 1990/91 a Genova con la Sampdoria (lo do che definire Genova come città provinciale non è proprio esatto, ma a livello di calcio credo di non sbagliarmi) di Vialli, Mancini, Pagliuca, Lombardo e Mantovani, una squadra fortissima che in quel periodo vinceva in lungo e in largo anche in Europa (Coppa delle Coppe e finale persa di Coppa Campioni) e il Verona di Osvaldo Bagnoli nel 1984/85. Voglio proprio parlare di Osvaldo Bagnoli. Dopo una discreta carriera da calciatore fra i campi di Serie A e Serie B (Milan, Udinese, Spal, Verona e Catanzaro) giocando come ala destra trova la sua giusta dimensione e anche la gloria come allenatore.
In tutte le città in cui ha allenato i tifosi lo ricordano con tanto affetto e riconoscenza, avendo fatto sempre bene (forse solo nell’ultima stagione all’Inter ha fallito) e dimostrandosi sempre come gran lavoratore e a volte anche innovatore. Prima parliamo delle noti dolenti: in carriera è stato esonerato solo due volte, nel primo anno come capo allenatore alla Solbiatese e nell’ultima alla guida dell’Inter.
Per il resto sono solo successi o annate comunque positive. A parte che sulla panchina del Verona, in cui resta per nove anni, le altre avventure al massimo sono per due stagioni. Negli anni settanta allena a Como (una retrocessione in serie B da subentrato che comunque gli vale la conferma per l’anno successivo), a Rimini (dove ottiene una salvezza veramente insperata nel campionato di serie B), a Fano, nella squadra della mia città quando ancora io non ero nato ma a sentire i “vecchi tifosi” granata ha fatto veramente bene vincendo un campionato di serie C2 con la conseguente promozione in serie C1 e a Cesena che in due anni riesce a portare in serie A. Dopo la promozione viene convinto ad accettare la panchina del Verona. Subito centra la promozione in serie A e da li inizia la cavalcata dell’Hellas che per praticamente un decennio fa parte del calcio che conta. Infatti nel primo anno di serie A riesce ad ottenere il quarto posto in campionato e a portare la squadra alla finale di Coppa Italia, ma sono solo le basi della squadra che stupirà tutti negli anni successivi. Già erano presenti giocatori come Marangon, Fanna e Di Gennaro ma il capolavoro si compie negli anni successivi con gli innesti di Briegel ma soprattutto dell’attaccante danese Larsen. Nella stagione 1984/85 Bagnoli sforna il suo capolavoro guidando gli scaligeri al primo storico scudetto. L’anno successivo il Verona partecipa alla Coppa dei Campioni dalla quale viene eliminato dalla Juventus dopo un doppio confronto veramente acceso e ricco di discussioni derivate dall’operato degli arbitri. Il Verona di Bagnoli negli anni successivi non riesce più a primeggiare, comunque conclude i suoi campionati sempre nella parte sinistra della classifica fino al 1989/1990 in cui il Mago, così ancora lo chiamano i tifosi dell’Hellas, non riesce a evitare la retrocessione in serie B, causata soprattutto da una crisi tremenda della società e dal conseguente ridimensionamento degli uomini a disposizione del Mister. In nove anni al Verona Bagnoli oltre allo scudetto ottiene due finali di Coppa Italia, quattro qualificazioni europee e una serie di piazzamenti fra il quarto e sesto posto in classifica. Negli anni novanta Bagnoli si trasferisce al Genoa per due stagioni. Nella prima ottiene uno storico quarto posto (miglior risultato del Genoa negli ultimi 50 anni) e la qualificazione alla Coppa Uefa. Nella seconda la squadra si concentra più sull’Europa che sul campionato (in cui riuscirà comunque a salvarsi con qualche affanno). Nella Coppa Uefa Bagnoli guida i Grifoni fino alla semifinale dopo aver eliminato fra gli altri gli inglesi del Liverpool, portando i Rossoblù a vincere anche sul campo di Anfield Road. L’eliminazione avviene per mano dell’Ajax. Nell’anno e mezzo successivo Bagnoli siede sulla panchina dell’Inter, con cui ottiene subito un insperato secondo posto in campionato dopo un avvio veramente difficile e una bella rincorsa. L’anno successivo anche a causa di una campagna acquisti completamente sbagliata (è l’anno degli olandesi Jonk e Bergkamp) Bagnoli viene esonerato e decide di porre fine alla sua carriera da allenatore a 59 anni.
Come allenatore Bagnoli ha quasi sempre schierato le sue squadre con un classico modulo all’italiana e catenaccio, anche se voleva molto pressing offensivo da parte degli avanti in modo da riconquistare palla il più vicino possibile all’area avversaria. In fase di possesso impostava le sue squadre in modo che alternassero palleggio e possesso, favorito dal fatto di schierare quasi sempre un libero dai “piedi buoni” e da un classico regista di centrocampo a verticalizzazioni veloci e improvvise per prendere in “contropiede” le difese avversarie.
Bagnoli come pochi allenatori è riuscito a legare il suo nome a una squadra e a una città, l’Hellas Verona, cosa molto rara per le cosidette provinciali, da cui le grandi squadre storicamente attingono giocatori e allenatori non appena questi si mettono in mostra.