Ottobre, come molti sanno, è il mese missionario per eccellenza e papa Bergoglio in occasione della “Giornata Missionaria Mondiale”(19 ottobre) ha scelto, per quest’anno in corso, quale tema di riflessione e di preghiera per tutti: “Periferie,cuore della missione”.
Torino come molte altre città grandi e/o piccole, in Italia, sta vivendo momenti di difficoltà dovuti ad una crisi economica enorme e in più settori (non solo in quello dell’auto e del suo indotto), che si traduce spesso per gli abitanti in una continua riduzione di posti di lavoro, quindi povertà imposta e ingiustizie da subire in silenzio, cui è difficile opporsi.
Torino è, però, anche la città dei santi “sociali” : Don Bosco, il Murialdo, l’Allamano, il Cafasso.
E certi santi, anche se non li riconosciamo al primo sguardo, girano e operano in città anche ai nostri giorni. Con o senza tonaca.
E questo accade anche se l’informazione ufficiale non ne fa parola.
Nella parrocchia di periferia di “Maria Speranza Nostra” (Barriera di Milano),nella città subalpina, lavora come parroco, da alcuni mesi a questa parte, un missionario della Consolata.
Uno di quei “figli” dell’Allamano, che è arrivato anch’egli da molto lontano come papa Francesco. Soltanto che il Paese che gli ha dato i natali è il Tanzania.
Padre Godfrey Msumange è nato, infatti, a Iringa.
E ,ora, qui a Torino, dopo qualche difficoltà d’ambientamento iniziale dovuta soprattutto al clima molto diverso da quello africano,è come fosse a casa sua.
E’ stato ed è vicinissimo alle famiglie dei suoi parrocchiani fin da subito, che conforta e aiuta come può.
Si prende cura, soprattutto, dei giovani incontrandoli, radunandoli, facendo formazione, e in questo modo cercando di mitigare per quanto umanamente sia possibile le giuste preoccupazioni delle mamme di questi ragazzi e ragazze.
Mamme che non vedono al momento per i propri figli un avvenire sereno se le cose non cambieranno.E anche presto.
E la strada poi che, con i suoi allettamenti(droga,prostituzione, bande giovanili.. etc), è a tutti gli effetti un pericolo costante, è quella da tenere assolutamente lontana.
Ma padre Godfrey non è solo a operare. Oltre alla San Vincenzo e alla Caritas e all’Ufficio per la pastorale dei migranti è riuscito a coinvolgere buona parte dei suoi parrocchiani.
Questi hanno saputo accogliere, ad esempio, dei giovani migranti provenienti da Paesi difficili dell’Africa (la Nigeria, il Senegal, il Gambia etc.) e hanno dato ciò che potevano, molto o poco che fosse.
E, ancora, sempre i parrocchiani di padre Godfrey, lavorano nel tempo libero alla ristrutturazione dell’oratorio per poter accogliere quanto prima i bambini di queste famiglie ,arrivate da tanto lontano e che di accoglienza e di tanto altro hanno un grande bisogno.
Si sta pensando a una forma d’integrazione intelligente, a un interscambio culturale reale con tanto di dopo-scuola, studio della musica, recitazione, sport.
E da qui la valorizzazione nel quotidiano di un discorso autenticamente ecumenico per tutti (noi italiani in primis) il passo dovrebbe essere breve.
<<La vera sfida oggi (e vale per tutti) - precisa padre Godfrey – è quella di saper guardare bene in noi stessi per individuare quelle che sono le periferie dei nostri cuori, che hanno un enorme bisogno d’essere convertite. E ricorda, per chi fosse di corta memoria, che la credibilità dell’ “annuncio” è efficace solo nella misura in cui siamo realmente capaci di dare “testimonianza”.>>
Marianna Micheluzzi (Ukundimana)