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“Come si è permesso di dirmi questo? Perché non gli ho detto quello che si meritava? Cosa posso avere fatto per essermi meritato questo? E adesso cosa faccio se… e se invece succede…Io non gli rivolgo più la parola…eppure dovrei tenere i contatti, non è giusto che questa gente rimanga impunita ogni volta, però io adesso vorrei…ma poi mi pento lo so…come faccio…”
Quando si è prigionieri del pensiero compulsivo, ci è impossibile distaccarcene e ogni domanda apre un ventaglio di altre domande e di pensieri deprimenti “Mi capita sempre così, non ne uscirò mai, qualunque cosa faccio è sbagliata, io sono matto, non sono capace di affrontare queste cose, gli altri hanno sempre la meglio, comunque vada…mai che nessuno mi aiuti…”
All’inizio questo genere di pensieri può essere preceduto da un evento specifico ma in seguito può diventare un’abitudine di approccio alla vita, un rumore di sottofondo a tutto ciò che facciamo e che ci rende continuamente rimuginanti. Ogni situazione triste tende a richiamare altri ricordi analoghi che si aggiungono e contribuiscono ad ingigantire la situazione che sembra sempre più disperata.
Secondo recenti studi americani, l’overthinking cronico causa depressione, rende più difficile curarla, causa uno stato permanente di stanchezza per il grosso quantitativo di energie mentali che sottrae, indebolisce il sistema immunitario e favorisce lo sviluppo di malattie croniche. Sembra che il 67% di pensatori compulsivi soffra di cefalea cronica i cui episodi di massima acuità coincidono con quelli di intenso overthinking.
Il pensiero compulsivo paralizza la capacità di avvertire le proprie emozioni, di vedere una soluzione e di decidere cosa fare. Spesso induce a comportamenti impulsivi e incoerenti che portano al peggioramento della situazione. Ci si sente intrappolati, con una visione sempre più distorta dei fatti accaduti poiché si sono aggiunti talmente tanti elementi, supposizioni, collegamenti con situazioni apparentemente analoghe, ricordi, emozioni negative, che non si è in grado di decidere cosa fare. Le forze vengono meno, come ad una persona che lotta nelle sabbie mobili.
La terapia dell’Overthinking si articola in più tipi di approccio che vanno dal colloquio psicoterapeutico a tecniche specifiche per l’interruzione del “flusso” compulsivo. Ma spesso l’intervento non finisce qui: in certe situazioni, di solito quelle che coinvolgono emotivamente, alcune persone riescono soltanto a pensare in modo compulsivo, senza avere la capacità di un organizzare in alternativa un tipo di pensiero costruttivo, che consenta loro di affrontare e superare la situazione. E’ quindi necessario che il pensatore compulsivo impari a bloccare l’overthinking, e una volta superata la fase di maggiore ansia, impari ad attivare un processo di pensiero alternativo, come strumento utile per la volta successiva.
©Loredana de Michelis
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