Magazine Diario personale

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Da Livingstone86

p { margin-bottom: 0.21cm; } L'altro giorno ero al concerto del giovane cantante un po' impegnato e un po' no Brunori SAS. E ho desiderato l'esplosione della terra. No, non era colpa del giovane cantante un po' impegnato e un po' no Brunori SAS, né delle sue canzoni solo apparentemente leggere. Brunori, non so se leggerai mai questo, ma te l'assicuro, il tuo primo disco mi piace, e pure il secondo, anche se l'ho ascoltato in fretta solo prima del concerto. E tu mi stai simpatico. Dico davvero. Era colpa, tutta, interamente, completamente, assolutamente, del pubblico che si era lì riunito per ascoltare il giovane cantante un po' impegnato e un po' no Brunori SAS. Anzi, visto che avevo le palle particolarmente impegnate in un moto rotatorio, e in questi casi tendo a generalizzare, vi dico che è colpa del pubblico italiano. Ma mica di tutto il pubblico italiano, eh: di quello indie. Perché lo sappiamo tutti che c'è una stragrande maggioranza di pubblico italiano che non s'interessa, non si sbatte per andare ai concerti, guarda i talent show e compra l'ennesimo disco tutto uguale di Vasco. Però, c'è una minoranza di pubblico italiano, ecco, che è talmente grande e onnipresente, diobòno, da sembrare maggioranza relativa. Ed eccolo là, a sgomitarmi dietro, il pubblico della grande minoranza. Ragazze un po' carine e un po' semplicemente molto dipinte in faccia, che mettono le Converse quando ogni tanto fanno la pazzia di andare a un concerto. Ragazzi che vanno dai sedici ai trentacinque anni, anzi no: ci trovi quasi solo i troppo giovani o i troppo vecchi, a farsi notare a questi concerti. Per questa gente, qualsiasi cantante italiano sia riuscito a pubblicare il suo primo album, è il dio della musica sceso in terra a mostrare ai comuni mortali la potenza del capotasto e degli occhiali con la montatura spessa. Solo così si spiegano i gridolini orgasmici delle ragazze all'apparire del giovane cantante un po' impegnato e un po' no Brunori SAS – Chiara mi ha detto, visibilmente inquietata, che una volta stava guardando un DVD di concerti dei Beatles e c'erano le ragazzine che svenivano e prima di svenire urlavano proprio così. Le ragazze sgomitano, con foga che non le sospetteresti, per godere della vista di qualche centimetro in più del corpo del loro idolo di questo mese – o semplicemente del tipo di cui un amico gli ha passato il disco ieri (un amico un po' speciale, di quelli che forse se a una festa indie si alza il gomito gliela si potrebbe anche dare, di fretta nel bagno di casa di qualcuno, ma cercando di non farlo illudere troppo). Nel frattempo, ti arriva sulla nuca tutta la saliva e la birra e la saliva mischiata a birra dei ragazzi, che in un impeto di giovinezza decidono di cantare tutte le diciannove canzoni del repertorio, a squarciagola, cosicchè di quella voce un po' alla Rino Gaetano dei nostri tempi, io, alla fine, non sento che le prime parole di ogni testo – quando i ragazzi riconoscono gli accordi da subito, neanche quelle. Il culmine del desiderio di far estinguere la razza umana con la forza del pensiero, se proprio volete saperlo, è arrivata quando la gente ha iniziato a pogare su “Italian Dandy” - che, ve lo dico, ascoltatela perché è una canzone simpatica e agrodolce e generazionale, ma credo che neanche se fossi in preda alla sindrome di Tourette deciderei di seguirne il ritmo dando spallate al mio vicino. È in queste sciocchezze che la maggioranza relativa del pubblico italiano si perde, tradisce la sua totale incompetenza musicale, il suo desiderio di fare le cose da concerto. E qui ti rendi conto che questa gente può avere il culto di Brunori SAS solo perché non ha mai sentito parlare non dico di Neil Young e Nick Cave e Bob Dylan, ma neanche di Adam Green e Beck e Graham Coxon. E io, se fossi il giovane cantante un po' impegnato e un po' no Brunori SAS, giuro che mi sentirei un po', come dire, squalificato dall'avere un pubblico che mi idolatra perché non sa bene chi esiste nel mondo, oltre me. Ma io sono un tipo all'antica.

 


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