I visitatori di Expo 2015 resteranno molto colpiti dal Padiglione Messico e dagli oggetti esposti al suo interno: la sensazione che si vuole trasmettere è di dialogo tra l’arte precolombiana e quella contemporanea, rappresentando non un mero passaggio cronologico dalla civiltà precolombiana all’attualità, ma la totalità del divenire del tempo nella storia del Messico.
Filo conduttore del Padiglione è il chicco di mais: a partire dall’architettura stessa dell’edificio, a forma di una pannocchia, che si può percorrere attraverso rampe elicoidali fiancheggiate da un corso d’acqua, fino ad arrivare alla terrazza sul tetto, che ospita un ristorante e un giardino urbano.
Il simbolo dell’identità culturale del Messico ritorna nelle sale interne, dove troviamo la statua del dio Macuilxóchitl, simbolo di fertilità e protettore del mais. In una sala del Padiglione, Macuilxóchitl dialoga con tre sculture di pietra ossidana di Jorge Yázpik: una pietra, dall’alto valore simbolico nella tradizione delle culture precolombiane, che diventa ponte tra tradizione e modernità. L’insieme delle opere rappresenta la ciclicità della natura e il suo equilibrio.
La stessa divinità si ritrova in un’altra sala, dove è stata allestita l’esposizione di antichi utensili da cucina conservati nel Museo Nazionale di Antropologia di Città del Messico. La musica, la danza e l’allegria non sarebbero esistite senza la protezione del dio Macuilxóchitl, di cui è esposta una scultura in pietra risalente al periodo post-classico (1250-1521), appartenente alla cultura tolteca e conservata nel museo di Teayo, nello Stato di Veracruz.
Tra gli oggetti esposti, alcune delle opere in argento dell’artista Pedro Leites sono parte della produzione di Tane, una delle storiche imprese di argenteria messicane, mentre altre appartengono a una selezione del Museo Nazionale di Antropologia di Città del Messico: tra questi il cántaro, la tipica anfora utilizzata per l’acqua e anche come strumento musicale a percussione; la vasijas, recipienti per liquidi e alimenti ancora molto diffusi; le mancerinas, vassoi utilizzati per le tazze del cioccolato.
Interessante anche l’opera di Alejandro Pintado, Hacia un nuevo orden, realizzata con una particolare tecnica di acquarello e collage su carta, rivivono alcune tra le principali specie endemiche della flora messicana: un omaggio alla biodiversità del suo Paese.
Tra le opere esposte nel Padiglione un discorso a parte merita Árbol Nodriza di Daniel Lezama, che occupa un’intera parete nella sala dell’Albero della Vita. Secondo un mito azteco, dopo la vita terrena, esisteva un giardino fiorito dominato da un immenso albero dai cui rami sgorgava latte puro. Lezama – esponente di spicco della corrente naturalista contemporanea – ha reinterpretato questo mito: il giardino diventa il simbolo dell’innocenza rinnovata.