Di Rosalba Caruso. La tragedia si è consumata a Gujranwala, nel nord est della provincia del Punjab. Una donna e i suoi due nipoti, uno di 7 e l’altro di 1 anno, sono morti per asfissia, dopo che la loro abitazione è stata incendiata da musulmani intransigenti.
La causa? Un uomo, appartenente alla comunità Ahmadi, una branca non riconosciuta dall’Islam, poche ore prima avrebbe pubblicato una foto blasfema sul suo profilo Facebook. L’immagine, raffigurante una donna nuda con alle spalle la Moschea, ha scatenato l’inferno. Il link è saltato all’occhio di un amico musulmano, il quale ha provveduto a punirlo con delle percosse fisiche. Ma l’affare ha mobilitato un centinaio di musulmani, i quali infervorati hanno optato per una soluzione istituzionale, riportando la blasfemia agli agenti di polizia.
Di fatti la difesa del culto musulmano è previsto normativamente, prevedendo la pena di morte per chi insulta il nome di Maometto, l’ergastolo per chi brucia il Corano. Sussiste addirittura un divieto per gli Ahmad di chiamare Moschea il loro luogo di culto. Tali leggi risalgono agli anni ’70 e sono oggetto di pretese di modifica, poiché spesso utilizzate contro i Cristiani e la branca di Ahamad. Secondo la legge, infatti, l’uomo può essere effettivamente punito per blasfemia.
Ma l’esigenza di una punizione immediata ha condotto ad un gesto più drastico: incendiare la casa del responsabile. Purtroppo nell’abitazione l’unico a non essere presente era proprio il bersaglio dei punitivi, rimasto illeso. A pagarne le conseguenze sono state 2 piccole anime e una donna.
In Pakistan non è un episodio nuovo quello vissuto dalla comunità minoritaria, presa di mira dai musulmani fanatici: un altro feroce attacco si registrò a Lahore con la morte di 86 persone. Il portavoce del gruppo religioso, Salim ud Din, ha dichiarato che gli agenti di polizia non hanno difeso le vittime, limitandosi a osservare il divampare delle fiamme e rendendosi corresponsabili della tragedia.
La setta religiosa, si differenzia dai musulmani “puri” poichè segue il messaggio del profeta auto-proclamato Ghulam Ahmad (nato nel 1835), che sosteneva di enunciare le leggi di Maometto.