Un verificatore ha la pessima idea di chiedere a chi appartenesse un portafoglio contenente 350 euro.Un caldissimo pomeriggio di fine luglio, un bus dell’AMAT, la municipalizzata dei trasporti del capoluogo siciliano. Pochi passeggeri su una linea periferica ed un verificatore che si accerta che a nessuno manchi il titolo di viaggio. L’addetto al controllo rinviene un oggetto del tutto simile ad un portafogli.
Lo raccoglie, lo apre, ci trova dentro 350 euro. Con zelo da pubblico ufficiale chiede ai quattro passeggeri presenti se il malloppo appartenesse a qualcuno.
E scoppia il finimondo: c’era da giurarci, in tempo di crisi l’effetto sortito è quello di un maiale ferito nella vasca degli squali.
Quei denari, ovviamente, appartengono a tutti i passeggeri. Volano parole, i toni si fanno seri, aggressivi. Si comincia con lo spintonarsi,si continua con l’aggredirsi fisicamente e si conclude con l’arrivo delle forze dell’ordine che prendono in consegna il denaro e proveranno a risalire al proprietario, servendosi delle immagini della tv a circuito chiuso del bus.
Magari, la prossima volta, il controllore tratterrà l’importo senza fare troppa pubblicità all’interno del bus e lo consegnerà alla prima caserma dei Carabinieri in città: purtroppo, in un momento in cui troppi faticano ad arrivare a fine mese, un’occasione del genere deve essere parsa una manna dal cielo a persone che loro malgrado vivono al limite dell’indigenza e sono pronte ad arrivare alle mani per assicurarsi una fonte di sostentamento.
Pace sociale? Sarebbe meglio di sì, magari ritornando a mettere l’uomo e i bisogni umani al centro dei discorsi. Evitando di interrogarci quotidianamente su spread e mercati, entità finanziarie immateriali che non hanno volto, né nome. Ma la vita, quella vera, è fatta di gente in carne ed ossa. Che purtroppo non ce la fa più.