Francesco d’Assisi che tenta di convertire il Sultano di Babilonia
È stato annunciato che presto, domenica 12 maggio, Papa Francesco canonizzerà “i martiri di Otranto”, ovvero quella moltitudine di cristiani trucidati dai turchi invasori nel 1480 per non aver voluto abiurare la fede cristiana e convertirsi all’islam. Il colle poco distante dalla città dove avvenne l’eccidio, fu chiamato per questo “Colle dei martiri”.
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Al tempo della conquista musulmana della città salentina, furono torturati e uccisi decine di migliaia di cristiani e gli altri ridotti in schiavitù. Molti dei prigionieri, ottocento persone, si rifiutarono di rinnegare la loro fede e la loro “punizione” fu la morte per decapitazione (ma, secondo l’islam, i cristiani non sono “generosamente” considerati dhimmi, “gente del Libro” in quanto monoteisti, e quindi liberi di professare la loro fede pur sotto il dominio islamico e dovendo pagare una tassa di fedeltà, la jizya?).
“Teniamo Gesù Cristo per il Figlio di Dio e vogliamo mille volte morire piuttosto che rinnegarlo”, furono le parole proferite a nome degli ottocento prigionieri, il 14 agosto del 1480, dal calzolaio Antonio Primaldo, rivolgendosi al comandante turco Gedick Achmed Pascià. E così si scatenò la violenza islamica.
Nel dicembre dello scorso anno, Papa Benedetto XVI ha autorizzato la promulgazione del decreto sul miracolo attribuito agli Ottocento Beati (la guarigione di una suora da un cancro nel 1980), e ora toccherà a Papa Francesco beatificarli; proprio a quel Papa che, qualche giorno fa, ha fatto storcere il naso a più d’uno, dichiarando ecumenicamente che i musulmani “adorano il Dio unico, vivente e misericordioso, e lo invocano nella preghiera” e dimostrandosi ecumenico come un Papa non può fare a meno di essere oggi (anche per proteggere i cristiani che non hanno mai cessato di essere perseguitati in terra d’islam); ma proprio in quanto Papa, egli intenderà pure onorare gli uomini e le donne morti per la loro fede in Cristo, raccogliendo l’eredità di un pontefice come Benedetto XVI, accusato falsamente dai buonisti filo-islamici, dagli integralisti e dai governi musulmani, di essere contro il dialogo interreligioso e contro le persone di religione islamica, solo per aver ricordato nella Lectio Magistralis di Ratisbona (12 settembre), che l’islam si è diffuso con la spada e che Maometto non fu affatto quel sant’uomo che i musulmani credono.
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Eppure, quella critica non impedì a Papa Ratzinger di pregare accanto al Gran Muftì di Istanbul nella Moschea Blu e di affermare che il dialogo tra chi è appartenente ai fedi diverse, non può partire da presupposti teologici, altrimenti non si va da nessuna parte. Il riconoscere la verità storica di come si sia affermato l’islam e di chi fosse Maometto, non gli ha impedito di inserirsi nel solco tracciato da Giovanni Paolo II, molto amato (almeno apparentemente) anche nel mondo islamico, il quale compì il contestatissimo gesto simbolico di baciare il Corano portato in Vaticano da una delegazione irachena nel 1999.
In quel solco ora si inserisce anche Papa Francesco, il quale ha preso il nome dal santo che durante la Quinta Crociata parlò con il sultano Ayyubide Al-Malik-al-Kamil per convertirlo al cristianesimo ma, non riuscendovi, lo rispettò e se ne andò. Anche per questo fu considerato un sant’uomo dal sultano.