C’è chi si ferma alla Ford Focus, al bagaglio a mano sull’aereo, alle scarpe nere anziché rosse, al «buonasera» o al «buon pranzo», e chi – senza per questo vantare alcuna capacità superiore – cerca di andare più in profondità. Ebbene, anche se ci soffermiamo sulle ultime settimane del regno di Papa Bergoglio scopriamo che tutto è, questo Pontefice, fuorché un rivoluzionario della dottrina o del Catechismo. Ricordate lo scorso 4 ottobre, ad Assisi? I media s’attendevano dal Papa una svolta storica, un gesto eclatante di rottura con il passato, magari una svendita francescana di tutti beni della Chiesa, come fra le righe ipotizzava la Repubblica. Peccato che non solo Bergoglio abbia deluso le aspettative, ma abbia scelto di prendersela senza mezzi termini con la mitologia politicamente corretta di San Francesco quale hippie ante litteram: «Quel san Francesco non esiste, non esiste», ha ammonito.
E neppure dopo, purtroppo per il fronte laicista, è stata accesa la miccia della rivoluzione. Anzi, per quanto s’è visto in questi giorni possiamo tranquillamente asserire il contrario. Basti dire che Papa Francesco ha fatto sparire dal sito del Vaticano – o almeno non ha impedito che sparisse – l’intervista con la quale Eugenio Scalfari aveva riassunto, con qualche malandrina manomissione, un loro colloquio che pareva costellato di promesse di “aperture”. Non solo: il Papa, si è saputo, ha telefonato all’intellettuale considerato tradizionalista Mario Palmaro, coautore con Alessandro Gnocchi di un lungo articolo non esattamente elogiativo verso di lui sin dal titolo, “Questo Papa non ci piace”. E’ pur vero che la ragione principale della telefonata è stata, secondo le ricostruzioni, la grave malattia di Palmaro al quale il Santo Padre ha espresso vicinanza, ma non si può negare che il contatto vi sia stato e che configuri una forma di ascolto, da parte del Papa, nei confronti di ambienti conservatori.
Come se non bastasse, ieri, richiamando «Il padrone del mondo» di Robert Hugh Benson (1871-1914), Bergoglio ha tuonato contro lo «spirito del progressismo adolescente» che «crede che andare avanti in qualsiasi scelta è meglio che rimanere nelle abitudini della fedeltà». Se non è apologia della tradizione, poco ci manca. Ed oggi, nell’omelia alla Casa Santa Marta, il Papa ha continuato con un invito che si inserisce anch’esso in una cornice tradizionale della vita e dei valori:«Curate i nonni che hanno trasmesso la fede quando papà e mamma avevano idee strane». Occorre insomma una buona dose di fantasia per rilanciare il teorema di Papa Francesco come rivoluzionario pronto a riscrivere il Catechismo; anche se i burattinai dell’informazione, statene certi, seguiteranno su questa strada iniziata dal giorno della sua elezione. Ma chi ha spirito critico, soprattutto fra i cattolici, può starsene tranquillo: il Santo Padre non è tipo da avviare alcuna rivoluzione dottrinale. Al massimo, se saremo tristi o delusi, ci prescriverà evangelicamente della “Misericordina”.