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Come se il mondo intero non fosse a conoscenza della situazione delle carceri in Italia, Napolitano ha atteso gli ultimi mesi del suo mandato per visitare San Vittore e dichiarare:
“Ma di certo nessuna parte vorrà, anche in questo momento, negare la gravità dell’attuale realtà carceraria nel nostro paese. Ed è già da considerarsi importante, per le decisioni da prendere liberamente nel futuro questo comune riconoscimento obbiettivo della gravità e urgenza estrema della questione carceraria.La violazione che ci si addebita dell’articolo 3 della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo è imperniata sul parametro dello spazio vitale del detenuto che non è oggi garantito nella nostra situazione penitenziaria. Si può aggiungere che il sovraffollamento degli istituti, le condizioni di vita degradanti che ne conseguono, i numerosi episodi di violenza e di autolesionismo, sintomo di una inaccettabile sofferenza esistenziale, le condotte di inquieta insofferenza o di triste indifferenza sempre più diffuse tra i reclusi, la mancata attuazione dunque delle regole penitenziarie europee confermano purtroppo la perdurante incapacità del nostro Stato a realizzare un sistema rispettoso del dettato dell’articolo 27 della Costituzione repubblicana sulla funzione rieducativa della pena e sul senso di umanità, espressione così bella introdotta in quell’articolo della Carta, cui debbono corrispondere i relativi trattamenti."
Forse al nostro (purtroppo) Presidente della Repubblica è sfuggito che durante il suo mandato, ancor più che in passato, non è stato calpestato solo l’articolo 27 della Costituzione, ma è stato calpestato l’intero dettato costituzionale.
Nulla è stato fatto per le carceri, nulla è stato fatto per rendere più rapidi i tempi della giustizia, ancor meno è stato fatto per costruire nuove strutture, ammodernare quelle esistenti, o trovare accordi perché i detenuti non italiani scontino nel loro paese d’origina la propria pena. Milioni di euro sono stati spesi per finanziare partiti politici che hanno portato l’Italia nella crisi peggiore che il nostro paese abbia mai conosciuto. Una crisi non solo economica, ma anche anche morale. Malaffare e politica sono andati a braccetto per tutto il corso della legislatura. Napolitano ha nominato Mario Monti come presidente del Consiglio con l’unico obiettivo e fine di varare nuovo e ulteriore inasprimento del carico fiscale e procedere con tagli orizzontali in tutti gli ambiti di spesa pubblica. Solo i privilegi della cosiddetta casta, sono rimasti invariati. E ogni provvedimento è stato varato dal capo dello Stato. Per quale ragione dovremmo dunque tollerare le sue parole?
Ma la ciliegina sulla torta, Napolitano la mette quando in risposta a Marco Cappato e alla sua richiesta di amnistia ha risposto:
"Se mi fosse toccato mettere una firma lo avrei fatto non una ma dieci volte."
E poi ancora: "Bisogna fare tutto quello che è possibile tenendo fermo che, se non si può avere il consenso in Parlamento, non passa."
Per avere un assaggio di come il dettato costituzionale è stato calpestato durante il suo settennato, dopo aver visto le carceri, dovrebbe fare un giro per gli ospedali, poi in qualche scuola pubblica, passando per alcune fabbriche, dove si preferisce lasciare lavoratori in cassa integrazione anche per anni piuttosto che far lavorare i dipendenti. Infine, se al nostro presidente avanzasse tempo, potrebbe fare un viaggio sui treni dei pendolari, per finire con una bella cena alla Caritas. Allora si che avrebbe ben ragione di piangersi e commuoversi per quello che è rimasto del nostro paese della nostra carta dei diritti. La situazione esplosiva delle carceri è solo la punta di un gigantesco iceberg contro il quale stiamo navigando a folle velocità.
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