Magazine Politica Italia
Questo titolo è un gesto disperato!, infatti mi sono detto: se Renzi ha fatto dimettere Fassina dal governo con un semplice “Fassina chi?”, vuoi vedere allora che se faccio lo stesso col Pd “mi si dimette” tutta la segreteria? Ma niente! E purtroppo era prevedibile. Anzi, ieri tutta la “squadra scout” si è riunita dal grande Capo dei Lupetti a Firenze, e sulla parete della sala riunioni di questo rotocalco delle ovvietà troneggiava lo splendido slogan “Renzi, l’Italia cambia verso!” Fassina è indubbiamente permaloso, è il tipo che se la prende per poco e non sa incassare; tipico di chi appartiene al vecchio apparato. Ma da tempo Fassina era tra i rottamabili e Renzi - con la sua infelice battuta – voleva semplicemente oliare la pressa e mai avrebbe immaginato che sarebbe bastato questo semplice sfottò per liberarsi del vice ministro all’economia. Ma bisogna anche ammettere che l’anticaglia Fassina ha fatto una cosa che in Italia fanno in pochi: si è dimesso! E’ cosa nota che “farsi da parte” non appartiene al costume nazionale; in Italia può abdicare un Papa ma un politico non lo schiavardi dalla poltrona neanche con una bomba ad orologeria nell’imbottitura. Gli esempi di “chiappe tenaci” si perdono… possiamo spaziare in lungo e in largo e ne troveremo a bizzeffe: dal doppio incarico al Quirinale (con relativo aumento di stipendio) ai condannati in cassazione, passando dal viceministro-sindaco alle infrastrutture sino ad arrivare, “guarda caso”, proprio all’assenteista sindaco di Firenze neo eletto segretario del Pd. Dimettendosi Fassina è stato paradossalmente moderno e innovativo. Questo bizzoso “vecchio dentro” ha dato una lezione di stile destinata a cadere nel vuoto per non generare fastidiosi precedenti. In un paese dove persino la galera è curriculare per far carriera in politica, un viceministro che rassegna le dimissioni solo perché è indesiderato rappresenta una novità tanto epocale quanto pericolosa. Il povero Fassina già è emaciato di suo e il suo viso era rassegnatamente livoroso da tempo: prima ha dovuto ingoiare il rospo dell’esecutivo delle larghe intese, guidato dal nipote Enrico generatosi per mitosi dallo zio Gianni, poi si è trovato come ministro Saccomanni, un bocconiano da sempre al servizio dei colossi assicurativi e della Bce (in pratica un ispettore delle tasse della Banca Centrale Europea), ed infine hanno eletto come segretario del suo partito un mostriciattolo imbastito alla carlona con tutti gli scarti della vecchia democrazia cristiana. Alla luce di tutto questo poteva mai Fassina esser contento e pacioso? Essere il fedele ritratto della salute e dell’ottimismo? Il viceministro era un fascio di nervi almeno dall’ aprile scorso ed è bastato un niente per farlo esplodere. Anzi, a ben vedere è già tanto che ha rassegnato solo le dimissioni; chiunque al suo posto si sarebbe come minimo incatenato per protesta alla tomba di Berlinguer nutrendosi esclusivamente con miscela di molotov!
Ma il mesto Fassina, vistosi indesiderato e insultato da un segretario tanto fumoso e autoreferenziale quanto inconsistente, ha fatto la cosa più ovvia - e per questo più stupefacente -, si è semplicemente dimesso dando un esempio pratico di orgoglio e dignità, come fece illo tempore un Pierluigi Bersani abiurato in parlamento dai suoi stessi “compagni di partito” (al quale va ovviamente tutto l’augurio di una pronta guarigione dopo il malore che lo ha colto il 5 gennaio scorso).
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